lunedì 13 maggio 2024

Nel Pil italiano c'è sempre più bellezza

Nel 2023 il valore dell’economia della bellezza si è notevolmente sviluppato (+19% rispetto al 2022) e lo ha fatto in misura maggiore rispetto al resto del sistema produttivo italiano. Questo dato è contenuto nell’edizione 2024 del rapporto “Economia della bellezza”, realizzato dal centro studi di Banca Ifis.

Il valore complessivo di tale comparto dell’economia italiana era pari, nel 2023, a 595 miliardi di euro.

Ma cosa si intende per “economia della bellezza”?

E’ un settore del made in Italy, che spazia dal manifatturiero al turismo culturale e paesaggistico, dal patrimonio storico-artistico all’artigianato.

E il suo contributo sul Pil italiano era nel 2023 addirittura pari al 29,2%.

Ciò dimostra la sua notevole importanza per il nostro Paese.

La sua crescita quindi è stata intensa, in particolare, nei comparti chiave della “bellezza”: nel turismo culturale e paesaggistico, così come nel settore delle imprese design-driven.

Il suo peso sul Pil italiano è aumentato, rispetto al 2022, di ben 3 punti percentuali, raggiungendo appunto nel 2023 il 29,2%.

Pertanto l’economia della bellezza può essere considerata il motore dell’intera economia italiana.

Il comparto della bellezza ha contribuito in modo importante alla crescita dell’intero Sistema Italia, così come, dopo il biennio pandemico, aveva contribuito alla sua ripresa.

L’incremento del valore prodotto rispetto al 2022 (+96 miliardi di euro) ha determinato il 74% della crescita (a prezzi correnti) dell’intera economia italiana ed è stato generato dai settori “pilastro” dell’economia della bellezza, come evidenzia l’analisi del contributo allo sviluppo: per il 91% dalle imprese design-driven, per il 20% dal turismo culturale e naturalistico, incrementi parzialmente compensati dalla decrescita del valore delle imprese purpose-driven (-11%), fortemente influenzate dall’aumento dei costi di produzione nel settore dei servizi.

Altri dati confermano la notevole importanza del settore in questione.

Le imprese artigiane contribuiscono ancora, nonostante la riduzione del loro numero, al 54% del fatturato dell’intero settore manifatturiero italiano, con circa 88 miliardi di ricavi annui nel 2023.

Il turismo culturale e paesaggistico ha segnato nel 2023 un incremento di valore aggiunto di 19 miliardi di euro.

Un ruolo notevole è stato svolto dalla moda, che nel solo mese di ottobre ha beneficiato di ben 13,5 milioni di accessi unici nei suoi siti di fashion e e-commerce e dal comparto della cosmetica, che nonostante i rincari delle materie prime provocati dall’inflazione, ha visto una crescita delle vendite specialmente grazie all’export (pari a quasi il 50% del fatturato), con riflessi positivi anche a livello occupazionale, come testimoniato dai 155.000 lavoratori dell’intera filiera.

domenica 5 maggio 2024

Oltre l'80% dell'Irpef viene pagata da lavoratori dipendenti e pensionati

L’83,1% dell’Irpef dichiarata dai contribuenti italiani nel 2022 proviene da lavoratori dipendenti e pensionati. Questi e altri dati, relativi alle dichiarazioni 2023 (anno d’imposta 2022), sono stati resi pubblici dal dipartimento delle Finanze.

Le caratteristiche, negative, delle dichiarazioni Irpef 2023, gli evidenti squilibri che da esse emergono, non rappresentano una novità. Rappresentano una conferma di quanto si è verificato negli anni precedenti.

Il principale squilibrio è quello relativo all’eccessivo peso assunto dalle dichiarazioni di lavoratori dipendenti e pensionati.

Nella nota del dipartimento delle Finanze si rileva “Le tipologie di reddito maggiormente dichiarate, sia in termini di frequenza sia di ammontare, sono quelle relative al lavoro dipendente (53,5% del reddito complessivo e 55,4% del totale contribuenti) e alle pensioni (29,6% del reddito complessivo e 34,6% del totale contribuenti)”.

Questa è la più importante iniquità connessa al pagamento dell’Irpef, in Italia.

Rappresenta l’ulteriore dimostrazione della notevole evasione fiscale che contraddistingue il nostro Paese, poiché l’Irpef viene prevalentemente pagata dai contribuenti con ritenuta alla fonte.

Altri squilibri emergono dai dati relativi alle dichiarazioni 2023.

Il 63% dell’imposta netta totale è dichiarata dai contribuenti con redditi superiori a 35.000 euro.

E cioè quasi due terzi dell’imposta è a carico di una piccola minoranza, il 20% degli italiani. Invece i contribuenti con redditi fino a 35.000 euro (l’80% del totale) dichiarano il 37% dell’imposta netta complessiva.

Inoltre, vi sono 12,5 milioni di soggetti che, di fatto, non versano alcun tipo di imposta.

Un numero che somma i contribuenti nelle soglie di esenzione, quelli per cui l’imposta lorda si azzera per effetto delle detrazioni e quelli per i quali l’imposta netta è interamente compensata dal cosiddetto trattamento integrativo, in sostanza l’ex bonus 80 euro.

Tali squilibri potranno essere eliminati, o almeno ridotti, solo se verrà approvata una riforma complessiva dell’imposizione sui redditi.

L’attuale governo, per la verità, non sembra che possa o voglia attuare una riforma di questa natura, che sia contraddistinta anche da una vera lotta all’evasione fiscale.