giovedì 12 marzo 2020

Coronavirus, 157 economisti: cosa deve fare l'Ue



157 economisti italiani hanno redatto una lettera aperta nella quale è contenuto un piano di provvedimenti di politica economica che, a loro avviso, l’Unione europea dovrebbe adottare per fronteggiare la grave crisi sanitaria ed economica determinata dalla diffusione del coronavirus.

Tra i firmatari della lettera si possono citare Nicola Acocella, Pietro Alessandrini, Andrea Boitani, Carlo Borzaga, Giovanni Dosi, Maurizio Franzini, Antonio Majocchi, Paolo Piacentini, Alessandro Vercelli, Gianfranco Viesti.

Riporto integralmente la letttera.

E’ urgente che l'Unione europea adotti un pacchetto di provvedimenti di politica economica in grado di far fronte alla grave crisi sanitaria ed economica, dovuta alla diffusione del coronavirus. Il problema è globale e richiede interventi congiunturali tempestivi da parte degli organismi internazionali.

E’ ormai chiaro che la recessione che si prospetta non è solo determinata dalla caduta dell'offerta, com'era stato da alcuni erroneamente diagnosticato giorni fa, ma è anche legata alla forte riduzione della domanda.

Dal lato dell'offerta, il rallentamento dell'attività economica globale comporta brusche interruzioni delle catene dei rifornimenti delle filiere internazionali di produzione (global value chain). La riduzione dei livelli produttivi riduce i ricavi e aumenta in maniera insostenibile il peso dei costi fissi delle imprese.

Dal lato della domanda, il consumo di beni e servizi sta subendo una forte contrazione in molti settori e l'effetto domino ne amplifica gli effetti, mettendo in crisi l'intera economia.

Un'emergenza così grave, non adeguatamente gestita, potrebbe portare alla fine della moneta unica e in ultima analisi alla disgregazione finale dell'Unione europea.

Quali sono le ragioni dello stare insieme se l'Unione europea non è neanche in grado di intervenire efficacemente di fronte a una crisi che sta colpendo tutti i paesi europei?

In questo momento sono indispensabili stanziamenti urgenti a sostegno del sistema sanitario, delle famiglie e delle imprese di tutti i Paesi europei, ma non crediamo che si tratti solo di garantire maggiore flessibilità ai bilanci pubblici nazionali, perché gli stanziamenti dei singoli Stati non sarebbero sufficienti e comunque comporterebbero aumenti del deficit pubblico e dello spread degli interessi sul debito pubblico che vanificherebbero le politiche di riequilibrio dei conti pubblici.

Concordiamo con chi sostiene che l'Unione europea debba mettere a disposizione dei Paesi membri ingenti risorse per far fronte con rapidità e in maniera adeguata all'emergenza sanitaria, economica e sociale.

Riteniamo che questo momento di crisi debba essere trasformato in un'occasione concreta per valorizzare la specificità europea rispetto ad altri sistemi sanitari e di protezione sociale, e per mostrare ai cittadini europei il senso profondo della nostra unione.

I  provvedimenti urgenti per far fronte alla crisi sanitaria ed economica dovrebbero riguardare:

1) Il finanziamento immediato dei sistemi sanitari dell'Unione europea per l'aumento del personale sanitario e dei posti letto degli ospedali, per le spese riguardanti i test clinici e per le attrezzature per la protezione del personale sanitario.

2) Un sussidio di disoccupazione temporaneo per tutti i lavoratori a tempo indeterminato o a tempo determinato che rimarranno senza lavoro nei prossimi mesi a causa della flessione dell'attività produttiva.

3) Un indennizzo economico alle famiglie messe in quarantena domiciliare.

4) Sussidi e apertura di linee di credito alle imprese che devono sospendere temporaneamente l'attività a causa della messa in quarantena del personale o della caduta della domanda da parte dei consumatori.

5) Assistenza ai minori nel caso di ricovero di entrambi i genitori e agli anziani non auto-sufficienti nel caso di ricovero delle persone che li assistono. Aiuti alle famiglie nei periodi in cui le scuole sono chiuse a titolo precauzionale.

6) Un finanziamento straordinario del sistema scolastico per l'acquisto di apparecchiature che consentano la didattica a distanza.

7) Un finanziamento alle organizzazioni del terzo settore che operano a sostegno delle situazioni di emergenza createsi con la diffusione del coronavirus.

8) Infine, è necessario realizzare un grande piano d'investimenti, relativo a infrastrutture e ambiente, che rilanci l'economia europea già fortemente colpita dalla crisi finanziaria e ora messa in ginocchio dalla crisi sanitaria.

Questi provvedimenti richiedono l'attuazione di un rapido piano di spese correnti e d'investimenti pubblici. Per il finanziamento di queste spese andrà creato un appropriato strumento di scopo, sostenuto da garanzie comuni, privo di rischio, e quindi caratterizzato da bassi tassi d'interesse (safe asset).

E’ prevedibile che tale nuovo strumento sarà ben accetto alla massa del risparmio attualmente inoperoso. Il finanziamento di queste spese potrebbe essere distribuito ai singoli paesi in proporzione alla popolazione.

lunedì 9 marzo 2020

Coronavirus, insieme senza paura



“Keep calm”. E’ questo l’invito che Fimmg (federazione italiana dei meidici di medicina generale) e Cittadinanzattiva rivolgono a tutti i cittadini-pazienti con una campagna social che si prospetta più virale del Covid-19. Messaggi lanciati tramite slogan e immagini che parlano chiaro. “Keep calm and evita luoghi affollati” è ad esempio uno dei messaggi che puntano a riportare la giusta serenità al cospetto di un’emergenza che non va assolutamente sottovalutata, ma che non deve neanche diventare psicosi.

L’invito di Fimmg e Cittadinanzattiva è chiaramente espresso nei manifesti della campagna, “Insieme senza paura. Il coronavirus è un nemico debole se lo combattiamo uniti. Medici di famiglia e cittadini”.

Nell’immagine proposta da Fimmg e Cittadinanzattiva una donna mantiene davanti al volto una mascherina con i colori della bandiera italiana, a voler simboleggiare che la risposta non può arrivare da singoli comparti o segmenti della società civile, ma dal Paese nel suo insieme.

E insieme prova a informare i pazienti ad usare la mascherina solo se si hanno affezioni respiratorie e in quel caso levandola e usandola come bandiera di un Paese che combatte e non si piega alla paura irrazionale.

“Combattiamo il virus - sottolinea il segretario generale della Fimmg Silvestro Scotti -  anche tramite il web e negli spazi social come le nostre sale d’attesa.

Lanciamo una campagna che gli italiani ci devono aiutare a rendere virale quanto e più del Covid-19, perché i social network possono essere strumenti preziosi se utilizzati nel modo corretto.

Diciamo che questa campagna è una parte importante di una controffensiva che Fimmg, in questo caso assieme a Cittadinanziattiva, sta portando avanti sin dal primo momento.

Il timore è comprensibile e anche utile, il panico o la psicosi no.

Per queste il nostro è un invito alla calma e all’unità.

Il nostro sistema sanitario e il nostro Paese stanno affrontando l’emergenza in maniera seria e proporzionata. Le decisioni che vengono prese, anche quelle che possono sembrare drastiche, non devono però essere ragione di allarme sociale. Medici e cittadini, uniti, possono tenere testa a questa emergenza”.

Sulla stessa linea anche Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva,  che dice:

“Abbiamo deciso di sostenere questa campagna non solo perché in un momento come questo è fondamentale che ognuno faccia la propria parte, per evitare approcci allarmistici e aiutare i cittadini a distinguere tra false notizie e azioni da intraprendere, ma perché pensiamo che in questo contesto l’asse tra cittadini e medici di famiglia sia essenziale.

La bandiera - aggiunge Gaudioso - è il simbolo di una battaglia che deve essere affrontata da tutto il Paese unitamente, perché non possono esserci divisioni tra istituzioni, professioni, politica, amministrazioni e cittadini.

Non è l’ora degli egoismi, ma quella in cui tutti insieme dobbiamo dare il meglio di noi per superare questa fase. Fimmg e Cittadinanzattiva sono stati e sono compagni di strada in tante battaglie, non potevano non esserlo a maggior ragione in questo momento”.

giovedì 5 marzo 2020

Africa, l'invasione delle locuste fa davvero paura



L’Africa sta vivendo una delle peggiori invasioni di locuste dell’ultimo secolo. Diversi Stati, tra cui Kenya, Uganda, Somalia ed Etiopia, stanno affrontando una vera e propria emergenza  a causa degli enormi sciami di voraci cavallette che devastano i raccolti.

Di questa invasione si è occupato, con più articoli, il sito www.greenme.it.

Le locuste infatti riescono a percorrere circa 150 chilometri al giorno divorando decine di migliaia di ettari di coltivazioni in una regione già alle prese con la sicurezza alimentare, con 20 milioni di persone che non hanno accesso al cibo.

La situazione è drammatica e si prevede che a causa di questa invasione altri 10 milioni di persone, tra cui 4 milioni di bambini, non sapranno di cosa cibarsi.

L’incredibile proliferazione delle locuste è uno dei tanti effetti della crisi climatica che stiamo vivendo.

L’Africa infatti ha attraversato un periodo di siccità straordinaria a cui ha fatto seguito una stagione delle piogge particolarmente lunga e questo ha creato le condizioni ideali per far sviluppare in modo esagerato le cavallette.

In Uganda, a seguito della carenza di risorse alimentare, i residenti hanno iniziato a mangiare le locuste, considerate una prelibatezza in molti paesi. La popolazione sta catturando gli insetti per consumarli fritti, dopo averli bolliti e asciugati.

Sebbene le locuste siano commestibili e rappresentino un’ottima fonte di proteine, il ministro dell’agricoltura Aggrey Bagiire ha sconsigliato vivamente di consumarle, poiché l’esercito è impegnato a contrastare la terribile invasione delle cavallette irrorandole di pesticidi, tra cui il chlorpyrifos, insetticida neurotossico.

Da qualche settimana, dozzine di militari sono impegnati a debellare gli insetti, studiandone gli spostamenti e colpendoli con il pericoloso insetticida.

L’esposizione al chlorpyrifos è stata associata a disturbi dello sviluppo neurologico e cognitivo nei bambini ed è accusato di ridurre il quoziente intellettivo dei più piccoli, oltre a interferire con il sistema endocrino.

La Somalia ha già dichiarato l’emergenza nazionale visto che potrebbe “essere la piaga più devastante delle locuste mai avvenuta se non contrastiamo il problema più velocemente di quanto stiamo facendo in questo momento”, ha detto il capo umanitario delle Nazioni Unite Mark Lowcock.

Anche in Somalia la colpa è del clima che cambia e delle piogge insolitamente intense, aiutate da un potente ciclone al largo della Somalia a dicembre.

Le locuste sono state trasportate dai venti della tempesta dalla penisola arabica e da altre parti, e ora si stanno nutrendo della fresca vegetazione della Somalia.

Quella delle locuste è una piaga che in futuro potrebbe diventare ancora più pericolosa: i cambiamenti climatici aumentano la presenza di cicloni dall’Oceano Indiano al largo dell’Africa orientale e di conseguenza la probabilità di ulteriori focolai di locuste.

Secondo la Fao, esse stanno mettendo a repentaglio anche la sicurezza alimentare e il sostentamento nel Caucaso e nell’Asia centrale nonché nelle aree adiacenti dell’Afghanistan settentrionale e della federazione russa meridionale. Solo nel Caucaso, 25 milioni di ettari di aree coltivate sono minacciate e almeno 20 milioni di persone sono a rischio.

lunedì 2 marzo 2020

Con il coronavirus si ammala anche l'economia



Con la diffusione del coronavirus in Italia e altrove già si sono manifestati consistenti effetti negativi nel sistema economico e ancora di più si manifesteranno nei prossimi mesi, anche se la loro dimensione dipenderà molto da come evolverà la diffusione del coronavirus nel nostro Paese e nel resto del mondo. Non sarà comunque facile individuare gli interventi più adeguati per contrastare quegli effetti.

In molti si stanno occupando dei problemi economici causati dalla diffusione del coronavirus in Italia.

Mi è sembrato opportuno riportare alcune parti di un articolo di Mariasole Lisciandro e Massimo Taddei, pubblicato su www.lavoce.info, in quanto vi sono contenute alcune considerazioni senza dubbio interessanti.

In riferimento ai settori più colpiti, i due autori scrivono: “…Sarebbe azzardato provare già a quantificare l’impatto economico delle misure precauzionali imposte dal governo a Lombardia e Veneto, tra le regioni italiane più produttive, ma possiamo iniziare a pensare ad alcune tendenze.

Il danno economico per l’Italia riguarderà sicuramente due aspetti cruciali: il turismo e il settore produttivo.

I cinesi rappresentano una quota importante delle presenze turistiche in Italia, con quasi 300.000 arrivi nel 2014 e più di 450.000 attesi nel 2020, un numero che ora è destinato a crollare proprio a causa del coronavirus.

Ci sarà sicuramente una perdita notevole, basti vedere il pernottamento medio dei cinesi rispetto ai turisti di altre nazionalità . E, cinesi a parte, è verosimile attendersi una flessione complessiva dei flussi turistici verso l’Italia.

Guardando agli andamenti di borsa possiamo provare a capire quali sono i settori più a rischio: vi rientrano sicuramente auto, lusso e viaggi.

Per le quattro ruote, ci sono problemi sia dal lato della domanda che dell’offerta: è inevitabile che il settore dell’automotive risenta del calo della domanda dei mercati cinesi così come è inevitabile che le chiusure forzate degli stabilimenti in Cina danneggino le filiere produttive delle case automobilistiche.

Quanto al lusso, a parte le conseguenze più ovvie legate a ritardi nelle forniture e al calo della domanda, potranno arrivare danni dovuti alla cancellazione di fiere e sfilate, oltre che alla mancata presenza dei buyer cinesi, tradizionalmente tra i più attivi.

L’impatto globale della crisi si nota anche dall’andamento delle principali compagnie aeree: il valore dei titoli di Lufthansa, Air France-Klm e Iag (che comprende British Airways, Iberia e Vueling) è in calo dalla fine del 2019 e, dopo una breve ripresa, è nuovamente crollato in seguito all’arrivo del virus in Europa.

Per quanto riguarda il settore produttivo, la Cina ha acquisito una rilevanza strategica fondamentale nella produzione industriale dei principali paesi avanzati, soprattutto grazie alla condivisione internazionale delle catene del valore  

Quando l’economia venne colpita dall’epidemia di Sars nel 2003, la Cina, pur avendo già intrapreso il sentiero di una prodigiosa crescita, aveva un Pil otto volte inferiore rispetto a quello attuale ed era molto meno integrata con il resto del mondo.

E’ quindi ragionevole pensare che, dopo 17 anni, le conseguenze del coronavirus saranno ben superiori.

Anche gli effetti sul resto del mondo saranno particolarmente pesanti e si sommeranno alla generale stagnazione che ha caratterizzato l’economia globale nel 2019.

I primi segnali del rallentamento mondiale si possono intravedere dalle reazioni di molte delle ‘big tech’  americane, che fanno riferimento a migliaia di imprese cinesi, come Foxconn, per la produzione di componenti per i dispositivi elettronici. Quasi tutte le grandi società tecnologiche hanno annunciato un calo dei ricavi nel breve periodo a causa dell’emergenza sanitaria cinese.

In conclusione, non si può ancora determinare con chiarezza quale sarà l’effetto del coronavirus sull’economia italiana, europea e mondiale, così come non esistono ancora dati precisi sul crollo e l’eventuale recupero di quella cinese.

Una parte delle reazioni degli ultimi giorni, come la corsa ai supermercati, è sicuramente dettata dall’isteria generale, ma ci sono importanti segmenti produttivi che stanno pagando cara l’incertezza che aleggia da mesi sul commercio e sui consumi internazionali.

Una cosa è certa: questa epidemia conferma il ruolo della Cina come potenza economica, i cui drammi e le cui fortune possono rendere grandi o affossare le imprese di tutto il mondo”.

All’inizio del post ho rilevato come i problemi economici causati al nostro sistema economico dipenderanno da come evolverà la diffusione del coronavirus in Italia e nel resto del mondo.

Ma, come dimostrano i contenuti dell’articolo che ho riportato, la tipologia dei problemi economici che si determineranno è già, nella gran parte dei casi, individuabile.

Molto più difficile è stabilire quali dovranno essere i principali interventi di politica economica da attuare.

La politica monetaria, per le caratteristiche che ha assunto per fronteggiare la crisi economica degli ultimi anni (con tassi molto bassi e molta liquidità a disposizione), sarà poco utilizzabile.

Alcuni strumenti pochissimo usati in passato come il cosiddetto “elicopter money”, cioè la concessione a tutti di determinate somme di denaro, come si sta facendo a Hong Kong, proprio perché non si conoscono bene i suoi effetti in seguito ai pochi casi nei quali è stata attuata, non si sa se potrà essere molto utile.

La politica fiscale generalmente produce effetti non nel breve termine, anche se la riduzione delle imposte, sia temporanea che protratta nel tempo, potrebbe produrre effetti entro non molto tempo dalla sua adozione.

Peraltro sia la politica monetaria che la politica fiscale incidono soprattutto sulla domanda, mentre i principali problemi economici causati dalla diffusione del coronavirus riguardano l’offerta.

E poi non si devono trascurare gli effetti sui bilanci pubblici di politiche fiscali espansive, anche se è probabile che i governi e le istituzioni economiche internazionali saranno molto più disponibili, rispetto al passato, ad accettare quel tipo di politiche.

Resta il fatto che non sarà facile, tutt’altro, affrontare efficacemente i problemi economici, conseguenza della diffusione del coronavirus, in Italia e nel resto del mondo.