A luglio è diventato famoso
per aver salvato una bambina che stava annegando nelle acque di Sabaudia. Ma
oltre a essere un ragazzo coraggioso, Valerio è un nuotatore che ha già
ottenuto molti successi a livello nazionale e internazionale. Hanno parlato di
lui suo padre e il suo allenatore, in alcune dichiarazioni rilasciate alla
rivista dell’Inail SuperAbile.
Valerio Catoia è un ragazzo di 17 anni, di
Latina, frequenta il terzo anno del liceo in Scienze umane, e dopo la scuola
trova il tempo per tante altre cose. Suona la chitarra, fa parte del gruppo
Scout, pratica atletica leggera, ma sopra ogni cosa gli piace nuotare. Nuotare
a più non posso: in piscina d’inverno e al mare d’estate.
E’ diventato famoso in tutta Italia quando, a
metà luglio, insieme a suo padre si è gettato nel mare agitato per raggiungere
e aiutare una bambina di dieci anni che al largo era stata sopraffatta dalle
onde e rischiava di annegare: l’ha raggiunta, si è immerso per riportarla
a galla e poi nuotando l’ha portata verso la riva, facendo attenzione a che
riuscisse a respirare. Fino a che non l’ha lasciata nelle mani dei bagnini di
un vicino stabilimento, accorsi dopo aver sentito le grida degli altri
bagnanti.
Le ha salvato la vita, e la notizia è corsa
veloce sul web, sulla carta stampata e in tv, con una sottolineatura
importante: Valerio, il giovane “eroe”, è un ragazzo con la sindrome di
Down.
“Quello che ha fatto è la dimostrazione
che i ragazzi con sindrome di Down possono fare le stesse cose che facciamo
noi: le fanno con i loro tempi, ma le fanno – ha detto Roberto Cavana, tecnico
federale, allenatore di Valerio e della nazionale nuoto Fisdir - Quando è
arrivato in piscina per la prima volta aveva tre anni e ce ne ha messi altri
due, fra urla e strilli, prima di lasciarsi andare: da quando però ha iniziato
a nuotare e a fare le gare, per farlo uscire dalla piscina bisognava sparargli,
anche ora non ne vuole sapere di smettere”.
“Il nuoto – ha affermato il papà Giovanni -
ce lo avevano consigliato i medici, ma nei primi tempi la tentazione di gettare
la spugna è stata forte: abbiamo ascoltato l’allenatore che ci consigliava
di non mollare e di insistere, ci siamo fidati e abbiamo fatto bene".
In quegli anni, ha ricordato il padre, “con mia
moglie andavamo a tentoni, senza grossi aiuti e nessuna dritta: ci
dicevano che la sindrome era questa e nostro figlio era questo, di non
aspettarci che potesse fare quello o quell’altro. Insomma: ci demoralizzavano,
più che tirarci su. Abbiamo fatto il possibile, a 16 mesi faceva già logopedia:
alla lunga i risultati dei sacrifici fatti da lui e da noi hanno pagato”.
A scuola – ha sottolineato ancora Giovanni
Catoia - va da solo con i mezzi pubblici, mentre con il clan degli Scout parte
per i campi fuori casa, dimostrandosi autonomo. Ma è lo sport che lo ha aiutato
più di ogni altra cosa”.
“Lo sport è fatto di regole. La vita è fatta di
regole. Lo sport aiuta a rispettare e vivere le regole della vita”, ha aggiunto
Cavana, che allena ragazzi disabili da qualcosa come 27 anni e una certa
esperienza in materia se l’è fatta. A livello agonistico, praticando atletica
leggera, Valerio quest’anno è arrivato terzo nei 1.500 metri e secondo negli
800 a livello nazionale, mentre nel nuoto, due anni fa, aveva conquistato
l’argento nei 50 stile libero nazionali”.
“Per noi – ha detto papà Giovanni - quanto
accaduto a Sabaudia è stata una gioia e una
gratificazione: speriamo che quanto fatto da Valerio contribuisca a cambiare la
mentalità nei riguardi di questi ragazzi”.
Un auspicio anche in previsione del lontano
futuro: “Pensando al ‘dopo di noi’, io e mia moglie speriamo che Valerio
possa avere una vita relativamente indipendente. Lavoriamo per questo. E poi lui è fortunato
perché ha una sorella che gli starà accanto”.
Nel frattempo, Valerio cresce ed è come un
vulcano: “Recentemente mi ha chiesto: ‘Papà, posso fare anche baseball?’. Gli
ho risposto di no, può bastare quello che fa già: noi qui, a stargli appresso,
rischiamo di impazzire”.