domenica 24 settembre 2023

Più concorrenza in Italia è un tabù

Nel Pnnr italiano non è prevista solo la realizzazione di investimenti in diversi settori ma anche l’attuazione di alcune riforme che dovrebbero consentire l’aumento del prodotto potenziale e la cui assenza rappresenta un limite alla crescita economica.

Quindi, se fossero davvero attuate le riforme proposte, anche in questo modo si otterrebbe un aumento del Pil, in forma strutturale.

Di tali riforme, però, sui media ci si occupa poco e l’attenzione è rivolta soprattutto su quali investimenti dovranno essere realizzati e in quali tempi.

Invece occorrerebbe preoccuparsi della situazione di alcune riforme la cui attuazione da anni incontra molti ostacoli.

L’esempio più evidente riguarda la necessità di sviluppare la concorrenza.

L’Italia è la patria delle corporazioni le quali, spesso se non sempre, impongono gli ostacoli più importanti affinchè la concorrenza su diversi mercati si accresca, come necessario.

Tre casi sono eclatanti, le concessioni balneari, le regole riguardanti le licenze per i taxi e quelle per il commercio ambulante.

In primo luogo, sembra ancora molto lontano il momento in cui sarà possibile effettuare delle gare per l’ottenimento delle concessioni relative agli stabilimenti balneari.

Si sta ancora effettuando il cosiddetto monitoraggio per verificare quante siano in Italia le spiagge libere e l’obiettivo di chi si oppone alle gare è dimostrare che le spiagge occupate dagli stabilimenti siano una parte limitata rispetto al totale delle spiagge.

Ma i dati preliminari dell’indagine promossa dal governo sono in contrasto con i dati forniti dall’Istat nel senso che i primi tendono a sovrastimare l’estensione delle spiagge libere, considerando tali, ad esempio, anche quelle rocciose.

Quindi, addirittura, c’è chi vorrebbe arrivare alla conclusione che poiché ci sono molte spiagge libere ha poco senso procedere all’effettuazione di gare per le concessioni balneari.

Peraltro, anche se fosse dimostrato, e ritengo che non lo si possa fare, che le spiagge “private” fossero una parte minoritaria del totale delle spiagge non vedo perché non si debba procedere comunque alle gare per le concessioni balneari.

Per il commercio ambulante il governo non intende, per ora, come indicato anche dall’Autorità antitrust, imporre ai Comuni l’effettuazione di gare annuali.

Sulle concessioni delle licenze ai tassisti, per il momento il governo non vuole prevedere l’obbligo per i Comuni di aumentare considerevolmente il numero delle licenze, nonostante il fatto che nei mesi passati, soprattutto nei Comuni più grandi, è stata dimostrata la carenza di taxi che ha determinato lunghe attese per coloro che intendevano usufruire del loro servizio.

Inoltre un aumento della concorrenza dovrebbe riguardare anche altri settori, come quello dei professionisti, per i quali sarebbe necessario, come avviene negli altri Paesi, abolire l’esame di stato.

Un generale sviluppo della concorrenza, oltre a consentire l’erogazione di servizi più efficienti, rendere possibile anche una riduzione dei prezzi.

Ma, si sa, lo ripeto, l’Italia è la patria delle corporazioni…

domenica 17 settembre 2023

Pensioni, quota 100 è costata troppo

Tra gli argomenti trattati nel rapporto annuale dell’Inps, recentemente presentato alla Camera, uno dei più importanti è rappresentato dalle pensioni anticipate. Con la sola quota 100 ci sono stati 432.888 pensionamenti.

Nel complesso le pensioni anticipate hanno raggiunto, il 31 maggio del 2023, il ragguardevole numero di 448.573. Pertanto il 56,1% dei trattamenti previdenziali erogati dall’Inps è riconducibile a pensioni anticipate o d’anzianità.

Vorrei soprattutto rilevare che, considerando l’elevato numero di pensioni anticipate avvenute con la cosiddetta quota 100, l’intervento che ha determinato appunto tali pensionamenti ha causato un costo per bilancio pubblico molto consistente.

Tale costo non viene ufficialmente reso noto ma è stimabile in alcune decine di miliardi di euro.

Quindi non solo il reddito di cittadinanza, non solo il superbonus 110%, hanno provocato un aumento della spesa pubblica, e quindi anche del deficit, molto rilevante, ma anche quota 100.

E, a mio avviso, mentre la spesa pubblica derivante dal reddito di cittadinanza e dal superbonus poteva essere ridotta, ma non annullata, quella connessa all’introduzione di quota 100 poteva essere eliminata totalmente.

Infatti non doveva essere un obiettivo prioritario consentire a quelle 400.000 persone circa di andare in pensione qualche anno prima rispetto a quando ci sarebbero potuti andare in assenza di quota 100.

Ma, come è noto, per i partiti, in primo luogo la Lega, e per i sindacati, coloro che hanno superato i 60 anni rappresentano un bacino di consensi molto ampio.

Però non sarebbe stata una catastrofe se quei 400.000 fossero andati in pensione successivamente.

Si sarebbero risparmiate consistenti risorse finanziarie pubbliche che, al limite, potevano essere utilizzate meglio, soprattutto per favorire l’occupazione di giovani e donne.

Infatti, come dovrebbe essere noto, ai presidenti del Consiglio, ai ministri, ai rappresentanti dei partiti e dei sindacati, il tasso di occupazione dei giovani e delle donne è in Italia è molto basso, inferiore a quello che si verifica in quasi tutti i Paesi dell’Unione europea. 

 

lunedì 11 settembre 2023

Insoddisfacente l'andamento dei consumi

 

L’andamento dei consumi delle famiglie italiane è insoddisfacente. E tale andamento è una delle cause principali della recente dinamica del Pil, tendente a decelerare. Ovviamente per acquisire informazioni su quell’andamento sono importanti le statistiche ufficiali dell’Istat ma anche altre fonti possono essere molto utili, come ad esempio il rapporto delle Coop, da poco reso pubblico.

E’ del tutto evidente che il rapporto delle Coop fornisce indicazioni principalmente su una componente dei consumi e cioè la spesa per i beni alimentari che rappresenta però una parte molto importante della spesa complessiva, soprattutto per le famiglie che percepiscono redditi bassi.

La fotografia scattata dal rapporto Coop 2023 è quella di un Paese certamente inquieto (il 30% si dichiara tale) e dove crescono i timori (dal 20 al 32%).

Secondo il rapporto “Campioni nelle rinunce (calano le compravendite immobiliari, le auto, i beni tecnologici), gli italiani hanno sostituito il nuovo con l’usato (33 milioni nell’anno passato hanno venduto o acquistato beni usati)”.

E i loro carrelli della spesa diventano più leggeri.

-3% la variazione delle vendite a prezzi costanti nel primo semestre dell’anno e in previsione 2024 su 2023 il 60% dei manager intervistati si aspetta un risultato in ulteriore seppur modesta riduzione (-0,5%).

Così la spesa diventa più frequente, l’attenzione al risparmio fa piazza pulita della fedeltà al canale di acquisto, discount e mdd (cioè i prodotti con il marchio del distributore) sembrano ancore di salvezza.

Così continua il rapporto “E visto che la fatica di vivere incalza a farne le spese è anche l’identità alimentare di buona parte degli italiani. 1 su 5, soprattutto baby boomers e lower class, dichiara di aver perso ogni riferimento identitario abbandonando anche i dettami della cultura tradizionale, del territorio, delle tipicità”.

E la causa più importante della riduzione dei consumi dei beni alimentari è senza dubbio l’aumento dei loro prezzi, in decelerazione sì ma ancora consistente e maggiore del tasso di inflazione medio.

Per determinare un’inversione di tendenza e quindi un aumento dei consumi presi in esame sarebbe necessario, oltre ad un’attenuazione della crescita dei prezzi, un aumento del potere d’acquisto soprattutto di chi percepisce redditi bassi, accrescendo le loro remunerazioni.

E di questa necessità dovrebbe tenere conto la manovra di bilancio che il Governo si appresta a varare.

Almeno due interventi sarebbero indispensabili: una  consistente riduzione del cosiddetto cuneo fiscale ed anche un aumento della spesa per la sanità pubblica, che provocherebbe anche una riduzione della spesa nei confronti della sanità privata, la cui crescita costituisce anch’essa una causa delle difficoltà economiche di una parte rilevante degli italiani.

Senza un consistente incremento dei consumi delle famiglie non si potrà verifica un aumento del Pil di notevole rilievo e, conseguentemente, una significativa crescita dell’occupazione.

lunedì 4 settembre 2023

Difficoltà economiche e manovra di bilancio

Alcuni dati diffusi recentemente inducono a concludere che la situazione economica congiunturale dell’Italia stia peggiorando. I dati riguardano il Pil, l’occupazione e i prestiti alle imprese. Tali dati renderanno più difficile l’approvazione della manovra di bilancio per il 2024?

I dati a cui ho fatto riferimento sono la riduzione del Pil nel secondo trimestre dell’anno, -0,4%, la diminuzione degli occupati nel mese di luglio, -73.000, e la contrazione dei prestiti alle imprese, -3,7% su base annua.

Per concludere che i dati in questione anticipino il verificarsi di un peggioramento duraturo della situazione economica sarà necessario attendere quanto si verificherà nei prossimi mesi.

E’ probabile, però, che, considerando anche quanto sta avvenendo in altri Paesi europei, in primis la Germania, il peggioramento continui, in Italia, nei prossimi mesi, pur se le sue dimensioni non sono al momento prevedibili.

Un interrogativo mi sembra il più importante.

Questo peggioramento renderà ancora più difficile l’approvazione della manovra di bilancio che vedrà impegnati il Governo e il Parlamento nei prossimi mesi?

Molto dipenderà dalla possibilità che il peggioramento incida negativamente anche sull’andamento del Pil del prossimo anno, sulle entrate fiscali, sul rapporto tra deficit pubblico potenziale  e Pil, sempre relativamente al 2024.

E’ del tutto evidente che la dinamica della spesa pubblica che si verificherà, in seguito alla manovra, nel 2024 dipenderà soprattutto dalla previsione sul valore che assumerà il rapporto tra deficit pubblico e Pil.

Infatti un andamento sfavorevole del Pil renderà più elevato quel rapporto, anche se al denominatore del rapporto vi è il valore nominale del Pil, comprensivo cioè dell’aumento dei prezzi, ed è noto che siamo ancora in un periodo contraddistinto da un tasso di inflazione abbastanza elevato che, però, sembra rallentare.

Comunque, anche se non ci fosse un notevole peggioramento nell’andamento del Pil finora previsto per il 2024, è ormai acquisito che gli spazi a disposizione della manovra di bilancio saranno piuttosto ristretti e, se si verificasse un ulteriore peggioramento nella dinamica del Pil, quegli spazi diminuirebbero ancora.

Il Governo, in primo luogo il ministro Giorgetti, già ha anticipato che la manovra di bilancio sarà molto complessa, addebitando le principali responsabilità al cosiddetto superbonus edilizio che, ad avviso del ministro dell’economia, produrrà pesanti effetti negativi sul deficit pubblico anche nel 2024 e probabilmente negli anni successivi.

Per la verità, a tale proposito, vi sono economisti, come Carlo Cottarelli, che ritengono che gli effetti del superbonus sul deficit pubblico del 2024 saranno piuttosto limitati.

E quindi?

E’ certo invece che, se il Governo intendesse attuare, nel 2024, una lotta all’evasione fiscale più intensa di quanto per ora sembra voler fare, si potrebbero avere a disposizione risorse finanziarie consistenti da utilizzare per diminuire, in modo strutturale e in misura consistente, il cosiddetto cuneo fiscale o, ad esempio, per aumentare, e non ridurre in termini reali, la spesa per la sanità pubblica, come sarebbe necessario.

Maggiori risorse si potrebbero ottenere se la riforma fiscale avesse un carattere più progressivo, se fossero introdotte nuove imposte che colpissero le rendite, se, inoltre, aumentasse l’imposta sulle successioni, ora molto bassa, anche in confronto a quanto avviene in molti altri Paesi europei e se poi venisse finalmente attuata un’efficace spending review, tendente a ridurre i molti sprechi nella spesa delle pubbliche amministrazioni.

E poi se il Governo operasse per ridurre i ritardi nell’attuazione del Pnrr sarebbe possibile incrementare gli investimenti pubblici per favorire l’aumento del Pil nel 2024. Peraltro, al di là delle accuse rivolte ai governi precedenti, una delle principali cause dei ritardi nel Pnrr derivano dalla decisione dell’attuale Governo di trasferire la cabina di regia del Pnrr dal ministero dell’Economia alla presidenza del Consiglio.

Pertanto, se il Governo attuasse gli interventi da me ipotizzati, o interventi simili, l’eventuale peggioramento della dinamica del Pil nel 2024 non produrrebbe effetti negativi sulla manovra di bilancio.