Nel settore turistico spesso
si sostiene che non si trovano giovani che accettino di lavorarvi. Molti però
ritengono che siano le condizioni di lavoro offerte che non stimolino ad
accettare le richieste formulate dai proprietari di ristoranti, bar e alberghi.
Quest’ultima considerazione sembra essere avvalorata dai risultati di
un’operazione di vigilanza condotta dall’Ispettorato del lavoro.
Infatti da una rilevante operazione di vigilanza straordinaria, recentemente promossa e coordinata dall'Ispettorato nazionale del lavoro, che si è avvalso di ispettori del lavoro e carabinieri del comando tutela del lavoro è emerso un quadro non rassicurante.
Sono state riscontrate irregolarità nel 76% delle aziende dei settori del turismo e dei pubblici esercizi, con picchi del 95% al Sud e del 78% al Nord-Ovest.
I controlli hanno interessato 445 aziende, delle quali il appunto il 76% è risultato irregolare, con picchi del 95% al Sud e del 78% al Nord-Ovest.
Su 2.364 posizioni lavorative verificate, gli accertamenti hanno fatto emergere 809 situazioni di irregolarità e 458 lavoratori “in nero”, fra cui 16 minori e 101 lavoratori extra Ue (tra i quali 18 senza permesso di soggiorno).
Gli ispettori hanno poi disposto 330 prescrizioni per violazioni in materia di sicurezza e 253 provvedimenti di sospensione, di cui 180 per lavoro nero e 73 per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza.
Le principali violazioni riconducibili ai rapporti di lavoro hanno riguardato, oltre al lavoro nero, soprattutto l’orario di lavoro, il mancato versamento dei contributi previdenziali, e l’errato inquadramento contrattuale.
I rilievi hanno riguardato anche l’indebito percepimento del reddito di cittadinanza, la mancata tracciabilità delle retribuzioni, e la videosorveglianza.
In materia di salute e sicurezza sono state prevalentemente riscontrate violazioni per mancata elaborazione dei documenti valutazione rischi (60%), mancata formazione e addestramento (12%), mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile (11%) e mancata elaborazione del piano di emergenza ed evacuazione (11%).
Anche secondo il sindacato Filcams Cgil le condizioni di lavoro nel settore turistico sono pessime.
Infatti molti sono i cuochi e camerieri che davanti a paghe troppo basse fuggono verso altri lidi professionali, numerose le violazioni nel lavoro alberghiero e i contratti non rispettati in tutta la filiera turistica.
Si moltiplicano le voci che si levano dai territori e il racconto - da Montecatini a Pordenone, da Savona a Treviso - è sempre lo stesso: la storia di una forza lavoro che sostiene un'industria turistica tornata a tutti gli effetti alla pienezza e all'iperattività che precedeva la pandemia, ma che di quel benessere e di quei fatturati non raccoglie alcun beneficio.
Sulle paghe si tratta al ribasso, il nero sommerge buona parte del lavoro, i contratti non vengono applicati: è come se gli stagionali fossero un'entità votata al sacrificio, che dovrebbe essere pronta a tutto pur di lavorare per qualche mese.
“Le offerte di lavoro nel settore turistico spesso non sono in linea con i contratti nazionali” racconta Alberto Irone, segretario generale della Filcams Cgil trevigiana e, al contempo, c'è più attenzione da parte dei lavoratori per le proposte contrattuali che ricevono.
“Gli straordinari non retribuiti o pagati fuori busta non sono più tollerati, come i turni massacranti, la mancanza del riposo, delle ferie e del riconoscimento della malattia. I lavoratori si rivolgono alle sedi sindacali, vogliono sapere esattamente quali sono i loro diritti”.
“Ci sono problemi legati in primo luogo alla tipologia di contratto - spiega Giovanni Tiglio, segretario generale Filcams Cgil Savona - perché nonostante il patto per il lavoro nel turismo siglato in Regione che agevola le imprese più virtuose, l'85% dei contratti è un tempo determinato che segue il picco stagionale.
Manca un'industria turistica che miri a un turismo attivo tutto l'anno”. Il risultato è una precarietà strutturale, alla quale si aggiungono le ben note irregolarità.
“E’ massiccio l'utilizzo del lavoro grigio, dietro i part-time si nascondono spesso impegni full time, senza riposo e con caratteristiche peggiorative, condizioni che, oltre a danneggiare i lavoratori, si riverberano negativamente nel tessuto economico e sociale del territorio”.
Marika Baio, segretaria generale Filcams Cgil Pordenone, parla di “flessibilità selvaggia” e di lavoratori assunti con contratti a 18, 20 e 24 ore, che devono essere sempre pronti a fare straordinari e a piegare gli orari alle esigenze del momento.
“I lavoratori per lo più non ci danno mandato per le vertenze, restano in attesa, nella speranza di un incremento orario che però se arriva è soltanto di mese in mese”, spiega Baio. Così resta tutto fermo, fino a quando trovano un'occasione migliore.
“Migrano prevalentemente verso le fabbriche, perché lì riescono ad avere un full time, come operai generici. Ed è un peccato, perché in questo modo vanno perse le professionalità del settore turistico”.
I problemi a Montecatini Terme riguardano prevalentemente il settore alberghiero, dove si registra una irregolarità diffusa.
“I lavoratori nella maggior parte dei casi si rivolgono a noi al momento della cessazione del rapporto di lavoro, lamentando violazioni contrattuali, mancati riposi e mancato pagamento degli straordinari" racconta Caterina Ballanti, segretaria generale Filcams Cgil Prato e Pistoia.
Delle 145 strutture alberghiere presenti nella città termale 20 hanno chiuso i battenti, e dalle altre 125 sono arrivati alla Filcams locale una quarantina di lavoratori, riferisce la segretaria, a cercare assistenza per quella che appare una piaga diffusa.