Si era soliti affermare che l’Italia da Paese di
emigrazione si è trasformato negli anni in Paese di immigrazione: questa frase
non è mai stata vera e, a maggior ragione, non lo è adesso perché smentita
dai dati e dai fatti. Lo dimostra un rapporto redatto dalla fondazione
Migrantes.
Dall’Italia non
si è mai smesso di partire e negli ultimi difficili anni di limitazione negli
spostamenti a causa della pandemia, di recessione economica e sociale, di
permanenza di una legge nazionale per l’immigrazione sorda alle necessità del
tessuto lavorativo e sociodemografico italiano, la comunità dei cittadini
italiani ufficialmente iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti
all’Estero (Aire) ha superato la popolazione di stranieri regolarmente
residenti sul territorio nazionale.
Una Italia
interculturale in cui l’8,8% dei cittadini regolarmente residenti sono
stranieri (in valore assoluto quasi 5,2 milioni), mentre il 9,8% dei cittadini
italiani risiedono all’estero (oltre 5,8 milioni).
Fino a quando
l’estero rimane per i giovani e i giovanissimi attualmente residenti in Italia
un desiderio, il problema, per il nostro Paese, resta poco grave e
circoscritto; la storia nazionale, però, insegna che la mobilità è qualcosa
di strutturale per l’Italia e il passato più recente ha visto e vede proprio
le nuove generazioni sempre più protagoniste delle ultime partenze. D’altronde
non potrebbe essere altrimenti considerando quanto la mobilità sia entrata a
far parte pienamente dello stile di vita, tanto nel contesto formativo e
lavorativo quanto in quello esperienziale e identitario.
L’attuale
comunità italiana all’estero è costituita da oltre 841.000 minori (il 14,5%
dei connazionali complessivamente iscritti all’Aire) moltissimi di questi nati
all’estero, ma tanti altri partiti al seguito delle proprie famiglie in questi
ultimi anni. Ai minori occorre aggiungere gli oltre 1,2 milioni di giovani tra
i 18 e i 34 anni (il 21,8% della popolazione complessiva Aire, che arriva a
incidere per il 42% circa sul totale delle partenze annuali per solo espatrio).
Non bisogna
dimenticare, infine, tutti quelli che partono per progetti di mobilità di
studio e formazione - che non hanno obbligo di registrazione all’Aire - e chi
è in situazione di irregolarità perché non ha ottemperato all’obbligo di
legge di iscriversi in questa Anagrafe.
Una popolazione
giovane, dunque, che parte e non ritorna, spinta da un tasso di occupazione dei
giovani in Italia tra i 15 e i 29 anni pari, nel 2020, al 29,8% e quindi molto
lontano dai livelli degli altri Paesi europei (46,1% nel 2020 per l’Ue-27) e
con un divario, rispetto agli adulti di 45-54 anni, di 43 punti percentuali. I
giovani occupati al Nord, peraltro, sono il 37,8% rispetto al 30,6% del Centro
e al 20,1% del Mezzogiorno. Al divario territoriale si aggiunge quello di
genere: se i ragazzi residenti al Nord risultano i più occupati con il 42,2%,
le ragazze della stessa fascia di età ma residenti nel Mezzogiorno non
superano il 14,7%.
Il triplice
rifiuto percepito dai giovani italiani - anagrafico, territoriale e di genere -
incentiva il desiderio di estero e soprattutto lo fa mettere in pratica. Dal
2006 al 2022 la mobilità italiana è cresciuta dell’87% in generale, del 94,8%
quella femminile, del 75,4% quella dei minori e del 44,6% quella per la sola
motivazione “espatrio”.
Una mobilità
giovanile che cresce sempre più perché l’Italia ristagna nelle sue
fragilità; ha definitivamente messo da parte la possibilità per un individuo
di migliorare il proprio status durante il corso della propria vita accedendo a
un lavoro certo, qualificato e abilitante (ascensore sociale); continua a
mantenere i giovani confinati per anni in “riserve di qualità e competenza” a
cui poter attingere, ma il momento non arriva mai. Il tempo scorre, le nuove
generazioni diventano mature e vengono sostituite da nuove e poi nuovissime
altre generazioni, in un circolo vizioso che dura da ormai troppo tempo.
E’ da tempo che
i giovani italiani non si sentono ben voluti dal proprio Paese e dai propri
territori di origine, sempre più spinti a cercar fortuna altrove. La via per
l’estero si presenta loro quale unica scelta da adottare per la risoluzione di
tutti i problemi esistenziali (autonomia, serenità, lavoro, genitorialità,
ecc.). E così ci si trova di fronte a una Italia demograficamente in caduta
libera se risiede e opera all’interno dei confini nazionali e un’altra Italia,
sempre più attiva e dinamica, che però guarda quegli stessi confini da
lontano.
Al 1° gennaio
2022 i cittadini italiani iscritti all’Aire erano 5.806.068, il 9,8% degli
oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia.
Mentre l’Italia
ha perso in un anno lo 0,5% di popolazione residente (-1,1% dal 2020), all’estero
è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7% che diventa il 5,8% dal 2020.
Non c’è nessuna
eccezione: tutte le regioni italiane perdono residenti aumentando, però, la
loro presenza all’estero.
Il 48,2% degli
oltre 5,8 milioni di cittadini italiani residenti all’estero è donna (2,8
milioni circa in valore assoluto). Si tratta, soprattutto, di celibi/nubili
(57,9%) o coniugati/e (35,6%). I/le divorziati/e (2,7%) hanno superato i/le
vedovi/e (2,2%). Da qualche anno si registrano anche le unioni civili (circa 3.000).
I dati sul tempo
di residenza all’estero indicano che il revival delle partenze degli italiani
non è recentissimo, ma risale alla profonda crisi vissuta nel 2008-2009 dal
nostro Paese. Infatti, il 50,3% dei cittadini oggi iscritti all’Aire lo è da
oltre 15 anni e “solo” il 19,7% è iscritto da meno di 5 anni. Il resto si
divide tra chi è all’estero da più di 5 anni ma meno di 10 (16,1%), e chi lo
è da più di 10 anni ma meno di 15 (14,3%).
Gli oltre 5,8
milioni di italiani iscritti all’Aire hanno un profilo complesso: sono giovani
(il 21,8% ha tra i 18 e i 34 anni), giovani adulti (il 23,2% ha tra i 35 e i 49
anni), adulti maturi (il 19,4% ha tra i 50 e i 64 anni), anziani (il 21% ha
più di 65 anni, ma di questi l’11,4% ha più di 75 anni) o minori (il 14,5% ha
meno di 18 anni).
Oltre 2,7
milioni (il 47,0%) sono partiti dal Meridione (di questi, 936.000 circa, il
16%, dalla Sicilia o dalla Sardegna); più di 2,1 milioni (il 37,2%) sono
partiti dal Nord Italia e il 15,7% è, invece, originario del Centro Italia.
Il 54,9% degli
italiani (quasi 3,2 milioni) sono in Europa, il 39,8% (oltre 2,3 milioni) in
America, centro-meridionale soprattutto (32,2%, più di 1,8 milioni).
Gli italiani
sono presenti in tutti i Paesi del mondo. Le comunità più numerose sono, ad
oggi, quella argentina (903.081), la tedesca (813.650), la svizzera (648.320),
la brasiliana (527.901) e la francese (457.138).