domenica 19 novembre 2023

La cultura non ancora fuori dalla crisi

E’ stato recentemente presentato il rapporto annuale di Federculture “Impresa Cultura 2023” che fornisce un quadro completo e aggiornato dello stato del settore culturale, analizzando i principali dati su consumi, occupazione, finanziamenti pubblici e privati, turismo.

Dopo gli anni 2020 e 2021, nei quali si è verificata una notevole crisi del settore, nel 2022 sono aumentati i valori di tutti i principali indicatori, rispetto al 2021.

E’ cresciuta la spesa delle famiglie (+15,9% quella in ricreazione, sport e cultura), è aumentata l’occupazione culturale, +5,7%, vi è stata una forte ripresa del turismo, in particolare quello culturale con le grandi città d’arte nelle quali si è manifestato un aumento del 104% delle presenze turistiche.

Ma non si può sostenere che la crisi sia stata superata completamente.

Infatti i dati registratisi nel 2022 sono ancora lontani da quelli  relativi al 2019, l’anno precedente alla pandemia.

Ad esempio l’occupazione culturale non è ancora tornata ai livelli del 2019, -1,4% nel 2022 rispetto appunto al 2019.

I dati del turismo culturale poi sono stati ancora inferiori di circa il 15% rispetto ai livelli pre-Covid.

Inoltre, sempre rispetto al 2019, è risultata quasi dimezzata la quota di persone che si è recata a teatro, al cinema e a concerti.

L’analisi dello stato del settore induce complessivamente, quindi, ad un cauto ottimismo, ma è anche l’occasione per riaffermare la necessità di interventi che consolidino la crescita della settore culturale in tutti i suoi ambiti, sia dal lato della produzione sia in quello della domanda, sostenendo le imprese quanto i cittadini, per rilanciare tutto il sistema.

Del resto il presidente di Federculture, Andrea Cancellato ha così commentato i dati del rapporto: “La cultura è davvero una grande risorsa per l’Italia. Lo dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, l’estate appena trascorsa che ha visto la cultura ‘salvare’ la stagione turistica.

Ma è anche evidente che i nodi da affrontare sono molteplici e solo un grande impegno e una grande volontà politica possono consentire di impostare possibili soluzioni.

Occorrono, pertanto, un ministero efficiente, una produzione normativa chiara negli obiettivi e nella gestione, risorse ulteriori non esclusivamente pubbliche, istituzioni e imprese culturali attrezzate ad una temperie tutt’altro che semplice.

Il mondo della cultura, che noi rappresentiamo, è parte attiva, pronto a dare come sempre il suo contributo di analisi e proposta che anche oggi abbiamo ricordato al governo e al parlamento.

Cito solo alcuni titoli: approvazione della legge sulle imprese culturali e creative, defiscalizzazione dei consumi culturali, rifinanziamento del fondo cultura, maggiore possibilità di utilizzo di art bonus per i privati.

Le possibilità di intervento sono molte, spesso a ‘costo zero’ per le finanze pubbliche, il settore attende da tempo su questo risposte concrete”.

E le considerazioni di Cancellato mi sembrano ampiamente condivisibili, se davvero si vuole considerare il settore culturale anche come una componente molto importante del sistema economico italiano.

domenica 12 novembre 2023

I giovani vanno all'estero

Molti giovani italiani emigrano all’estero per motivi di lavoro. Questi e altri dati, relativi al 2022, sono contenuti nel rapporto  italiani nel mondo della fondazione Migrantes, recentemente presentato.

Infatti il 44% degli 82.000 italiani che sono emigrati nel 2022 con la sola motivazione espatrio aveva tra i 18 e i 34 anni.

Inoltre un quinto (più di 1,2 milioni) dei residenti iscritti all’Anagrafe italiana per i residenti all’estero aveva, sempre nel 2022, tra i 18 e i 34 anni. 

Complessivamente al 31 dicembre 2022 i connazionali iscritti all’Aire erano 5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia.

Quindi, mentre l’Italia continua inesorabilmente a perdere residenti (in un anno -132.405), l’Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti.

I residenti all’estero dal 2006 sono aumentati del 91%.

Le italiane all’estero sono praticamente raddoppiate (+99,3%), i minori sono aumentati del 78,3% e gli over 65 anni del 109,8%. I nati all’estero sono cresciuti, dal 2006, del 175%, le acquisizioni di cittadinanza del 144%, le partenze per espatrio del 44,9%.

E le donne rappresentavano il 48,2% dei 6 milioni di italiani all’estero

Come già rilevato, l’Italia all’estero ringiovanisce costantemente.

Il 23,2% (oltre 1,3 milioni) dei residenti iscritti all’Anagrafe italiana per i residenti all’estero aveva tra i 35 e i 49 anni, un quinto (più di 1,2 milioni) tra i 18 e i 34 anni. Il 40,4% è nato all’estero da italiani. In prevalenza il livello di istruzione è medio-alto (circa il 58% possedeva almeno il diploma).

I punti fermi della comunità italiana all’estero sono l’origine in prevalenza meridionale (il 46,5%), il 37,8% settentrionale e il 15,8% del Centro.

La Sicilia è sempre la regione d’origine della comunità più numerosa (oltre 815.000). Seguono - restando al di sopra delle 500.000 unità - Lombardia, Campania, Veneto e Lazio.

Le comunità italiane più numerose si trovano in Argentina (oltre 921.000 iscritti, il 15,5% del totale), Germania (oltre 822.000, il 13,9%), Svizzera (oltre 639.000, il 10,8%). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.

Secondo Gian Carlo Perego, presidente della fondazione Migrantes, i giovani che emigrano sono “giovani che non lavorano e non studiano, lavoratori precari, disoccupati, giovani donne e 1 su 4 laureati e ricercatori. L’emigrazione ci fotografa il disagio giovanile, una nuova generazione di poveri”.

Mi sembra poi condivisibile il commento, relativo ai dati contenuti nel rapporto della fondazione Migrantes, del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, il quale ha affermato che “bisogna fare un grande investimento sull’istruzione, sullo studio, combattendo la precarietà, dando condizioni di sicurezza, la casa ad esempio. La lotta alla precarietà è una delle condizioni migliori per dare sicurezza sul futuro e per la bellezza di restare nel proprio Paese”.

In conclusione, è del tutto evidente che il notevole numero dei giovani che emigrano dimostra ulteriormente che in Italia si continua a non adottare politiche che favoriscano  un aumento consistente dell’occupazione giovanile, come sarebbe invece necessario. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 7 novembre 2023

Povertà assoluta in aumento

Secondo l’Istat nel 2022 erano poco più di 2,18 milioni le famiglie in povertà assoluta, per un totale di oltre 5,6 milioni di individui. Il fenomeno ha mostrato una maggiore diffusione rispetto al 2021. L’incidenza a livello familiare è risultata, infatti, pari all’8,3% e quella individuale è arrivata al 9,7% mentre nel 2021 i corrispondenti valori si attestavano, rispettivamente, al 7,7% e al 9,1%.

Sempre secondo l’Istat “l’aumento osservato è imputabile alla forte accelerazione dell'inflazione registrata nel 2022 (+8,7% la variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo - Ipca, il cui impatto è risultato particolarmente elevato per le famiglie meno abbienti (+12,1% la variazione su base annua dei prezzi stimata per il primo quinto di famiglie).

In effetti, le spese per consumo di questa fascia di popolazione, che include anche le famiglie in povertà assoluta, pur in forte crescita in termini correnti, non hanno tenuto il passo dell’inflazione, determinando un calo in termini reali della loro spesa equivalente del -2,5%”.

L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si è confermata più alta nel Mezzogiorno (10,7%, da 10,1% del 2021), con un picco nel Sud (11,2%), seguita dal Nord-Est (7,9%) e Nord-Ovest (7,2%). Il Centro ha confermato i valori più bassi dell’incidenza (6,4%).

Rispetto alla tipologia del comune di residenza, l’incidenza di povertà è stata più elevata per i comuni più piccoli, fino a 50.000 abitanti (diversi dai comuni periferia area metropolitana), con un incremento dei valori rispetto al 2021 a livello nazionale (8,8% dal 7,9% del 2021), in particolare nel Nord (8,1% dal 6,9% del 2021).

Al Sud si è registrato un miglioramento nei comuni centro dell’area metropolitana (al 10,1% dal 14,7% del 2021), mentre i comuni periferia dell’area metropolitana e comuni sopra 50.000 abitanti, hanno visto un acuirsi dei valori dell’incidenza, che è arrivata all’11,6% dal 9,4% del 2021.

La crescita dell’incidenza a livello individuale, osservata nel 2022, è il risultato di un aumento più accentuato nel Mezzogiorno (a 12,7% dall’11,8%), soprattutto nelle Isole (all’11,3% dal 10%), ma presente anche al Nord (all’8,5% dal 7,7%), sia nel Nord-Ovest (all’8,3% da 7,5%) sia nel Nord-Est (all’8,8% dall’8,1%). Fa eccezione il Centro, dove l’incidenza individuale era stabile.

Il Mezzogiorno contava oltre 2.500.000 individui in povertà assoluta contro circa 2.298.000 residenti nelle regioni del Nord.

L’incidenza di povertà assoluta individuale fra i minori si è attestata al 13,4% (1.270.000 persone, dal 12,6% del 2021). Era al 12,0% fra i giovani di 18-34 anni (pari a 1.157.000 individui), in crescita rispetto al 2021 (quando era 11,1%). Stesso andamento per gli over65 (6,3%, 881.000 persone, rispetto al 5,5%), nonostante l’incidenza si mantenga su valori inferiori alla media nazionale.

L’aumento del numero delle famiglie in povertà assoluta, verificatosi nel 2022, non può che essere considerato preoccupante.

Sarebbe stato necessario che il governo avesse realizzato degli interventi all’altezza di tale fenomeno.

Ma ciò non è avvenuto. Le misure che hanno sostituito il reddito di cittadinanza, che comunque andava modificato, non possono essere considerate sufficienti.