Nell'ultimo anno
si contano nelle carceri 2.047 detenuti in più, “con un andamento progressivo
crescente e preoccupante", e “questo aumento si riverbera sulle condizioni
di vita interna e sul sovraffollamento, che non è una fake news”. Lo evidenzia
il garante nazionale delle persone detenute Mauro Palma nella relazione recentemente
presentata al Parlamento.
Nello
stesso periodo il numero di persone finite in carcere è diminuito, sono 887 in
meno, quindi l'aumento è dovuto alla minore possibilità di uscita. In totale
sono 60.472 i detenuti e 50.514 i posti letto.
Il
garante nazionale invita, quindi, il Parlamento a riflettere sulle cifre.
Innanzitutto
sottolinea Palma perché “nel luogo di ricostruzione, o a volte di costruzione,
del senso di legalità non possono essere fatte vivere situazioni che ledono la
legalità stessa”.
Inoltre,
“l'attenzione geometrica alla ‘cella’ non deve far perdere il principio che la
persona detenuta deve vivere la gran parte della giornata al di fuori di essa
impegnata in varie attività significative. Il nostro modello di detenzione -
afferma - continua, al contrario, a essere imperniato, culturalmente e sul
piano attuativo, sulla permanenza nella ‘cella’, così vanificando la proiezione
verso il dopo e il fuori”.
Il sovraffollamento
nelle carceri “non è una fake news”: secondo gli ultimi dati, aggiornati al 26
marzo i posti regolamentari disponibili nei 191 istituti di pena italiani sono
46.904 ma vi sono presenti 60.512 persone. Quindi 13.608 detenuti in più, con un
sovraffollamento del 129%.
In
un anno, c'è stato un aumento di 2.000 detenuti: al 31 dicembre 2017 erano
57.608, al 31 dicembre 2018 59.655.
E
a preoccupare il garante sono le ragioni alla base di tale crescita, che non è
dovuta ai maggiori ingressi ma a un minor numero di dimissioni, 887 in un anno:
“molto probabilmente perché si utilizzano di meno le misure alternative al
carcere”.
Al
20 marzo di quest'anno risultano detenute 1.839 persone con una pena inflitta
inferiore a un anno e 3.319 con una pena tra 1 e 2 anni. Si tratta cioè di
5.158 persone che potrebbero usufruire di misure alternative al carcere, ma che
rimangono all'interno degli istituti.
Per
questo per l'autorità indipendente, presieduta da Mauro Palma, è “urgente una
riflessione che coinvolga tutti i soggetti coinvolti nell'esecuzione penale,
magistratura, amministrazione penitenziaria, operatori del sociale e lo stesso
Parlamento” per “rimuovere gli ostacoli che impediscono la concreta
applicazione di misure esecutive della pena alternativa alla detenzione,
secondo quanto l'ordinamento prevede”.
Vale
per tutti, “ogni persona, nativa o straniera, libera o ristretta, capace o meno
di intendere o in qualsiasi altra condizione”, il diritto “alla dignità
personale e alla propria integrità psicofisica” e a questi “aggiungo il diritto
alla speranza”.
A
questo diritto, aggiunge Palma, corrisponde “l'obbligo” di garantire “la
maggiore autodeterminazione possibile nei limiti dati dalla sua condizione e
nel contesto dei valori e principi che la nostra Costituzione tutela”.
E
la percezione di insicurezza “non può essere semplicemente assunta, da parte di
chi ha responsabilità istituzionali, come un dato, fisso, ingiudicabile; non
può costituire il criterio informatore di norme né di decisioni amministrative”.