Il 1° dicembre del
1970 fu approvata la legge n. 898 che disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, meglio nota come
legge sul divorzio. Fu un cambiamento epocale dei rapporti quotidiani tra i
sessi che resta vivo ancora oggi. E’ importante quindi ricordarlo.
Pertanto ho ritenuto opportuno riportare alcune parti di un articolo di Pietro Paganini e Raffaele Morelli pubblicato su www.formiche.net.
“…La nuova legge fu necessaria per introdurre i caratteri di civiltà dell’istituto del divorzio e per superare l’arretratezza di ampi settori della società di allora. Si dovevano sconfiggere anche le fantasiose paure per cui il divorzio avrebbe disgregato la famiglia.
Si trattò di convincere i cittadini che non si può stabilire a priori come sarà la vita. Un matrimonio può fallire: non si aggiusta stabilendo per legge che, una volta commesso l’errore, non sia più possibile correggerlo. Sarebbe una concezione di fideismo religioso.
Non concedere la possibilità di poter rimediare all’errore sciogliendo un rapporto malato che causa forti disagi individuali e non lievi riflessi sociali, è un limite alla libertà individuale che si fonda sulla responsabilità dei singoli.
Una civiltà è laica quando i rapporti tra individui diversi sono trasparenti e liberi dalle apparenze dei dogmi di retaggio medievale…
La legge sul divorzio ha avuto un travaglio lungo e complicato.
Per oltre un anno i due promotori, Baslini e Fortuna, raccolsero il sostegno (solo) del Partito Liberale. Il Partito Socialista non appoggiò Fortuna fino all’autunno 1968; il Partito Comunista esibì una fredda ostilità; la Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale erano apertamente contrari (con una compatta determinazione superiore a quella ecclesiale).
Poi con un’azione capillare che fece breccia sulla stampa - in particolare con
l’aiuto dei settimanali Abc e l’Espresso - e con la spinta di gruppi della
società, come la Lega Italiana per il Divorzio e una selva di associazioni
locali di cittadini liberali, radicali e socialisti, il progetto unificato
Baslini/Fortuna conquistò la maggioranza in Parlamento”.
E a quel punto, aggiungo io, fu fondamentale anche il sostegno e il voto dei parlamentari del Pci.
“In questo percorso fu seguita la linea delle idee riferite alla vita di tutti i giorni e dei principi politici da adottare per realizzarle.
Il successo arrivò prima in Parlamento e poi con il Referendum, ma tre anni e mezzo più tardi.
Qui superò tutte le previsioni non soltanto della Chiesa e della Democrazia Cristiana ma anche del Pci.
Le prime due erano convinte e il terzo temeva, che il Parlamento non fosse davvero rappresentativo della volontà dei cittadini.
Invece la maggioranza nelle urne - l’affluenza arrivò al 87,72% - fu perfino più ampia di quella Parlamentare (59,26% contro il 53,45% alla Camera e il 52,23% al Senato).
Dal 1° dicembre 1970 la legge è stata irrobustita nell’impianto attraverso vari aggiustamenti. Anche gli avversari di allora riconoscono l’importanza della sua introduzione.
Da questa legge abbiamo imparato che dobbiamo restare sempre concentrati sulla realtà dei fatti che riguardano gli individui, per elaborare regole di convivenza che promuovano le libertà dei cittadini e dei loro rapporti interpersonali: abbiamo capito che dobbiamo evitare che questo approccio laico venga travisato in ideologico, soggetto cioè, ad un’idea fissa di come i comportamenti dei singoli dovrebbero essere…”.