Al
convegno sull’agricoltura libera da pesticidi, Legambiente ha presentato il dossier “Stop pesticidi” . Solo l’1,3%
i campioni alimentari fuorilegge ma il 34% dei campioni regolari è
contaminato da uno o più residui di fungicidi e insetticidi: il record è di un
campione di peperone con 25
residui.
Il
quadro della presenza, in Italia, di residui di pesticidi negli alimenti e
nell’ambiente è stato evidenziato da Legambiente
con la presentazione del suo dossier annuale, in occasione
del convegno “Agricoltura
libera da pesticidi” organizzato dall’associazione stessa in collaborazione con Alce Nero.
La
quantità di residui derivanti dall’impiego dei prodotti fitosanitari in
agricoltura, che i laboratori pubblici regionali hanno rintracciato in campioni
di ortofrutta e prodotti trasformati, resta elevata.
Ma il
problema vero è il multiresiduo, che la legislazione europea non
considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il
limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e
diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o
addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano.
Il multiresiduo è più frequente del monoresiduo: è stato
ritrovato nel 18% del totale dei campioni analizzati, rispetto al 15% dei
campioni con un solo residuo.
Come
negli anni passati, la frutta è la categoria dove si
concentra la percentuale maggiore di campioni regolari multiresiduo. E’ privo infatti di residui di pesticidi
solo il 36% dei campioni analizzati, mentre l’1,7% è irregolare e oltre il 60%, nonostante sia considerato regolare,
presenta uno o più di un residuo chimico.
Per
la verdura il quadro è
contraddittorio.
Da
un lato, il 64% dei campioni risulta senza alcun residuo. Dall’altro, si
riscontrano significative percentuali di irregolarità in alcuni prodotti, come
l’8% di peperoni, il 5% degli ortaggi da fusto e oltre il 2% dei legumi,
rispetto alla media degli irregolari per gli ortaggi (1,8%).
Passando
ai prodotti di origine animale,
11 campioni di uova italiane
(il 5% del totale campionato) risultano contaminate dall’insetticida fibronil.
In generale, nel confronto tra i campioni esteri e italiani, quelli a presentare più irregolarità e residui sono quelli esteri: sono irregolari infatti
il 3,9% dei campioni esteri rispetto allo 0,5% di quelli nazionali, e presenta
almeno un residuo il 33% dei campioni di provenienza estera rispetto al 28% di
quelli italiani.
Sul fronte dell’agricoltura biologica, i 134 campioni
analizzati risultano regolari e senza residui, ad eccezione di un solo campione
di pere, di cui non si conosce l’origine, che risulta irregolare per la
presenza di fluopicolide.
In Italia, la percentuale di prodotti irregolari è
passata dall’1% del 2007 all’1,3% del 2017, una leggera crescita, in linea con la
percentuale europea di campioni irregolari, che l’Efsa stima nell’1,5% del
totale.
La
media dei campioni analizzati in Italia nell’ultimo decennio, risultati
regolari senza residuo è del 63% a fronte di una media europea del 54%. Fare un
confronto sul multiresiduo rimane impossibile, perché Efsa non fa ancora la
distinzione tra campioni regolari con un solo residuo e campioni con più
residui.
“Solo
una modesta quantità del pesticida irrorato in campo raggiunge in genere
l’organismo bersaglio. Tutto il resto si disperde nell’aria, nell’acqua e nel
suolo, con conseguenze che dipendono anche dal modo e dai tempi con cui le
molecole si degradano dopo l’applicazione – ha affermato il direttore generale di Legambiente Giorgio
Zampetti -.
Le
conseguenze si esplicano nel rischio di inquinamento delle falde acquifere e
nel possibile impoverimento di biodiversità vegetale e animale. Effetti ai
quali ancora oggi non si dà il giusto peso, nonostante numerosi studi
scientifici abbiano dimostrato le conseguenze che l’uso non sostenibile dei
pesticidi produce sulla biodiversità e sul suolo.
Per questo auspichiamo che il futuro piano d’azione
nazionale sull’uso sostenibile dei pesticidi preveda obiettivi
ambiziosi e tempi rapidi per la loro riduzione; il rafforzamento del sistema dei
controlli sugli alimenti e l’adozione di misure a tutela della salute delle
persone”.
“Anche
la qualità delle acque è fortemente a rischio – aggiunge Daniela Sciarra, responsabile delle filiere agroalimentari di
Legambiente e curatrice del dossier ‘Stop pesticid’ - come conferma
l’Ispra nel suo ultimo rapporto, secondo cui i pesticidi sono presenti in oltre
il 60% nelle acque superficiali e in oltre 30% di quelle sotterranee. Esiste
pertanto una buona corrispondenza tra i residui riscontrati nelle derrate
alimentari e quelli che si rinvengono nelle acque superficiali e sotterranee.
Molto
si può fare per ridurre i rischi e le conseguenze negative che un utilizzo non
corretto dei pesticidi ha determinato e continua a determinare sull’ambiente.
Va incentivato il rispetto di fasce tampone, non soggette a trattamenti, dai
corpi idrici per minimizzare il rischio di inquinamento dei corsi d’acqua, la
diffusione di tecniche alternative al mezzo chimico e la tutela della
biodiversità, che può determinare un miglioramento della resilienza e
dell’equilibrio biologico nell’ambiente coltivato”.
Il
dossier di Legambiente “Stop pesticidi” riporta i dati elaborati nel 2017
dai laboratori pubblici italiani accreditati per il controllo ufficiale dei
residui di prodotti fitosanitari negli alimenti. Tali strutture hanno inviato i
risultati di 9.939 campioni di
alimenti di origine vegetale e animale, di provenienza italiana ed estera,
genericamente etichettati dai laboratori come campioni da agricoltura non
biologica. L’elaborazione dei dati ha previsto la loro distinzione in frutta,
verdura e trasformati. In questa edizione sono stati inseriti anche i dati sui
campioni di origine animale, tra cui carne, latte, uova e omogeneizzati.