La scuola media
inferiore è contraddistinta da una situazione di grave crisi. Lo sostiene il
rapporto scuola media 21 redatto dalla fondazione Agnelli. E rispetto a dieci
anni fa la situazione non è migliorata. Gli apprendimenti restano
insoddisfacenti, i divari territoriali e le disuguaglianze sociali sono ancora
più evidenti, i docenti non sono meglio formati né la didattica è stata
rinnovata, rimanendo molto tradizionale.
Nel
2011 fu realizzato il primo rapporto della fondazione Agnelli sullo stato di
salute della scuola media che già rilevava l’esistenza d diversi problemi.
Quali
i principali risultati del rapporto del 2021?
La
qualità degli apprendimenti degli allievi di secondaria di primo grado resta
critica, inferiore non solo a gran parte degli altri Paesi avanzati, ma anche
ai livelli che ci si poteva attendere sulla base dei risultati alla primaria.
Il
rapporto segnala, ad esempio, come nelle ultime rilevazioni internazionali Timss
(matematica e scienze) gli apprendimenti in matematica degli studenti italiani
siano sempre ampiamente sopra la media internazionale in IV primaria, ma in III
media scendano decisamente al di sotto.
“Le
disuguaglianze dovute all’origine socio-culturale, misurate in base al titolo
di studio dei genitori - ha spiegato Barbara Romano che ha curato il rapporto -
sono ben visibili già alla scuola primaria, con una differenza in media di 26
punti tra uno studente figlio di laureati e uno studente i cui genitori hanno
la licenza elementare.
Ma
poi deflagrano alla scuola media, arrivando fino a 46 punti, che equivalgono,
alla fine del ciclo, a una differenza di quasi tre anni di scuola”.
I
divari territoriali, che la primaria riesce a contenere, nella scuola media
esplodono più che in passato, prevalentemente nelle regioni meridionali
A
differenza di 10 anni fa, si manifestano anche i divari di apprendimento che
penalizzano gli studenti di origine straniera rispetto ai loro pari con
genitori italiani.
Stabili
rispetto alla primaria sono, invece, le differenze di genere, con le ragazze
indietro rispetto ai ragazzi in matematica e scienza: nel corso del tempo le
distanze si sono ridotte, ma soltanto per via di un più consistente
peggioramento dei maschi.
Il
rapporto dà, inoltre, evidenza di quanto conti un orientamento ben fatto e ben
recepito da ragazzi e famiglie per scelte più consapevoli: i dati di ricerca
mostrano che quando gli studenti scelgono gli indirizzi formativi che più
rispondono alle proprie competenze e interessi, seguendo i consigli orientativi
che derivano anche da prove psicoattitudinali, la probabilità di essere
bocciati al primo anno delle superiori si riduce considerevolmente, mentre è
quasi doppia per chi non segue il consiglio orientativo.
Le
difficoltà degli studenti in larga misura si spiegano con quelle dei loro
docenti: molti problemi che già 10 anni fa ostacolavano i docenti di scuola
media risultano, infatti, confermate o aggravate.
Nell’a.s.
2020-21 erano 202.000 i docenti della secondaria di I grado (a tempo
indeterminato e determinato), circa il 13% in più del 2011 (nello stesso
periodo la popolazione studentesca alle medie è scesa del 3%).
Poiché
il numero di docenti di ruolo è rimasto quasi invariato (144.000 nel 2011, l’anno
scorso poco più di 142.000), l’incremento si deve interamente alla crescita dei
docenti precari: gli incarichi annuali o “fine al termine delle attività
didattiche” erano circa 35.000 (19%), l’anno scorso quasi 60.000 (30%).
In
particolare, nell’a.s. 2020-21 era drammatica la percentuale di precari nel
sostegno (60% del totale del sostegno).
A
dispetto delle attese, nonostante le numerose assunzioni in ruolo della legge
della Buona Scuola del 2015 e il recente aumento dei pensionamenti, non si è
verificato in questi anni il ringiovanimento dei docenti di ruolo della
secondaria di I grado che auspicavamo nello scorso rapporto: l’età media era
poco più di 52 anni nel 2011, ora è poco meno. Mentre 1 docente su 6 ha 60 anni
e oltre, coloro che vanno in cattedra prima di 30 anni sono invece un minuscolo
drappello: 1 su 100.
La
scuola media, inoltre, è anche il grado più soggetto alla “giostra degli
insegnanti”: da un anno all’altro soltanto il 67% dei docenti rimane nella
stessa scuola (83% nella primaria, 75% nelle superiori, dati dell’a.s.
2017-18), con le prevedibili conseguenze negative per la qualità didattica.
I
limiti della formazione ricevuta dagli insegnanti della scuola media per quanto
riguarda la didattica e la pratica d’aula sono rivelati anche da alcuni dati di
ricerca, che mostrano come - sebbene non sistematicamente - spesso essi siano
meno efficaci dei colleghi della primaria nelle strategie didattiche, come pure
nella creazione di un clima in classe favorevole agli apprendimenti e alla
crescita personale.
Le
proposte della fondazione Agnelli quali sono?
In
primo luogo, occorre lavorare sugli insegnanti, valorizzandoli, e sulla qualità
dell’insegnamento.
Servono
percorsi di formazione iniziale per la secondaria con un forte orientamento
alla didattica, a partire da una laurea magistrale per l’insegnamento;
qualsiasi direzione prenda la riforma del reclutamento, criteri di abilitazione
molto selettivi con prove pratiche per valutare le competenze didattiche;
formazione in servizio obbligatoria, che comprenda un costante aggiornamento
dei metodi di insegnamento e una periodica valutazione; miglioramento dello
status professionale e delle motivazioni dei docenti (incentivi di carriera e
retribuzioni), anche per attirare verso l’insegnamento i migliori laureati.
In
secondo luogo, la didattica va modellata sulle esigenze specifiche della scuola
media.
Intanto,
con metodologie più coerenti all’evoluzione cognitiva ed emotiva degli
adolescenti (gruppi di apprendimento fra pari, strategie metacognitive);
inoltre, pensando la scuola media come percorso di orientamento al futuro, con
strumenti e metodologie didattiche che favoriscano la scoperta e la
valorizzazione delle inclinazioni personali, dando indicazioni per le scelte
successive (apprendimento per mezzo di progetti individuali, didattica per
compiti di realtà, apprendimento socioemotivo).
Infine,
si ritiene necessaria un’estensione del tempo scuola alla secondaria di I
grado, con la scuola del pomeriggio come scelta ordinamentale.
Tempi
più lunghi e distesi favoriscono le pratiche didattiche orientate a percorsi di
apprendimento individualizzati e quelle attività (sportive, artistiche ed
espressive, musicali, applicative, laboratoriali) fondamentali anche per lo
sviluppo di competenze non cognitive.
Ripensare
la secondaria di I grado è dunque un’altra delle priorità che il nostro sistema
d’istruzione dovrà affrontare con le risorse del Pnrr dopo che la pandemia ne
ha messo in luce criticità antiche e gravi?
“Pensiamo
che oggi per la scuola ci sia una sola priorità, che riassume tutte le altre:
fare crescere gli apprendimenti dei ragazzi – ha spiegato Andrea Gavosto, il
direttore della fondazione Agnelli - .
Il
riscatto degli apprendimenti è allora ovviamente fondamentale nella scuola
media, dove esplodono divari e disuguaglianze.
Le
politiche di cui si parla nel Pnrr vanno per forza declinate nel grado
scolastico più in difficoltà: in particolare, l’orientamento, la formazione e
il reclutamento dei docenti, la didattica, proprio le aree di intervento che
abbiamo indicato”.
“Oggi apprendimenti inadeguati nella
secondaria di I grado possono condizionare in modo decisivo il futuro di un
ragazzo - ha concluso Gavosto - forse ancora di più che negli altri gradi scolastici,
tenendo conto del momento focale di sviluppo cognitivo ed emotivo dei ragazzi a
quell’età. Non si può lasciare la scuola media ancora indietro”.
Non
posso che condividere le proposte avanzate dalla fondazione Agnelli.
Sono
però molto scettico sulla possibilità che esse siano accolte. Lo stesso “Recovery
Plan” solo in minima parte sarà in grado di affrontare i problemi che
contraddistinguono la scuola media.
E,
come ho già rilevato in un precedente post, la situazione critica in cui si
trova la scuola media dipende principalmente dal fatto che la scuola, il
sistema formativo più in generale, non rappresenta, da tempo, una priorità per
le istituzioni, sia amministrative che politiche.