Nel VI
rapporto Bes (benessere equo e sostenibile), presentato dall’Istat, arrancano i
“domini” delle relazioni sociali, paesaggio e patrimonio culturale e benessere
economico, istruzione, lavoro, ricerca e sviluppo, ambiente guadagnano terreno
ma il gap con l’Europa è ancora significativo. Calano gli omicidi, alta la
guardia per la violenza di genere. Servizi insoddisfacenti al Sud, migliorano
però le speranze per il futuro, soprattutto tra i giovani. Però diminuiscono
coloro che sono soddisfatti della propria vita.
In generale tutti i dodici ambiti del Bes
(benessere equo e sostenibile), sono importanti per il popolo italiano, ma il
punteggio più alto è attribuito agli aspetti legati alla salute mentre
quello più basso va al dominio “politica e istituzioni”.
Malgrado però la “primaria” considerazione
rivolta dagli italiani alla salute, nei fatti le cose non sono andate proprio
così.
Nel 2017 si interrompe il trend di
crescita della speranza di vita, ma soprattutto procede con grande difficoltà
la diffusione di stili di vita più salutari. Unica eccezione in positivo è la
riduzione della percentuale di persone che non praticano alcuna attività fisica
nel tempo libero (da 39,4% e 37,9%). Nonostante ciò, un maggiorenne su 5 è sia
in eccesso di peso sia sedentario, due condizioni che, se compresenti, possono
costituire un serio rischio per la salute.
Tuttavia, gli ultimi dati disponibili
contenuti nel VI rapporto Bes dicono che la situazione nel complesso delle
varie misure è in miglioramento: quasi il 40% degli indicatori per i quali è
possibile il confronto con l’anno precedente mostrano una variazione positiva, mentre
risultano inferiori ma significative le percentuali di quelli che peggiorano
(31,8%) o rimangono sostanzialmente stabili (29,1%).
Tuttavia, nel complesso dei domini, la
quota di indicatori che peggiorano è significativa (36,2%), evidenziando un gap
rispetto al pieno recupero delle condizioni di benessere sperimentate prima
dell’ultima crisi economica.
Ciò si verifica specialmente per i domini
Relazioni sociali (unico elemento positivo è l’aumento delle istituzioni
non profit attive in Italia, che crescono del 2,1% in un anno e sono 56,7 ogni
10 mila abitanti nel 2016), Paesaggio e patrimonio culturale (anche se le
aziende agrituristiche, che svolgono un ruolo importante nello sviluppo rurale
e nella difesa del territorio, sono sempre più diffuse (+3,3% rispetto all’anno
precedente), l’indice di abusivismo edilizio è in leggera riduzione (19,4
costruzioni abusive ogni 100 autorizzate, contro le 19,6 del 2016) e la
pressione esercitata sul paesaggio e sull’ambiente dalle attività di cave e
miniere è in calo (nel 2016 -3% rispetto all’anno precedente), Benessere
economico (che però torna ai livelli del 2010-2011 il reddito aggiustato
lordo disponibile pro capite delle famiglie, che ammonta a 21.804 Ppa (Parità
del Potere d’Acquisto), anche se risulta inferiore dell’1,7% alla media europea
e del 7,8% alla media dell’area Euro).
Anche se la situazione generale è dunque in lieve ripresa, il gap
con l’Europa rimane consistente.
Ad esempio, i principali indicatori dell’istruzione e della
formazione si mantengono molto inferiori alla media europea.
Particolarmente critica la dinamica dell’uscita precoce dal sistema di
istruzione e formazione (14% dei giovani di 18-24 anni) in crescita dopo 10
anni di ininterrotta diminuzione, specialmente al Nord.
Il digital divide, poi, misurato in termini di competenze
digitali, penalizza fortemente gli anziani, che dichiarano competenze avanzate
solo nel 3% dei casi. Ne deriva, per questa fascia di popolazione, una
esclusione generalizzata dai vantaggi della società dell’informazione.
Anche sul fronte del lavoro, malgrado i livelli di occupazione dei
20-64enni (62,3%) aumentino, il ritmo di crescita è decisamente più lento
rispetto a quello medio europeo (72,2%), con un divario più ampio per le donne.
Le condizioni del Mezzogiorno rimangono comunque difficili: in
Sicilia la quota di mancata partecipazione al mercato del lavoro raggiunge il
40, 8%, un valore dieci volte maggiore rispetto a quello registrato nella
provincia autonoma di Bolzano.
Lievi miglioramenti si registrano per la sicurezza sul lavoro: il
tasso di infortuni mortali e inabilità permanente continua a ridursi,
raggiungendo nel 2016 quota 11,6
infortuni per 10.000 occupati
(era 12,1 nel 2015).
Anche la spesa in ricerca e sviluppo sul Pil è in aumento nel 2016
(+0,1%) così come gli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale
(+2,1% nel 2017), ma anche in questo caso permane un ampio gap rispetto ai
livelli registrati nel resto dei Paesi europei.
Migliora però nel 2017 il saldo tra entrate e uscite dei giovani
laureati italiani, con il tasso migratorio che passa a -4,1 per mille (da -4,5
per mille nel 2016).
Il Nord si conferma l’area del Paese che offre maggiori
opportunità ai giovani con alto livello d’istruzione (+7,7 per mille) mentre si
registra una diminuita capacità del Centro di attrarre e trattenere giovani
laureati (-2,9, da -2,4 nel 2016) e una sostanziale stabilità del Mezzogiorno,
dove prosegue la perdita di giovani laureati (-23 per mille).
Aumenta anche la percentuale della raccolta differenziata, che nel
2017 raggiunge il 55,5% del totale (tre punti in più dell’anno precedente e 20
punti in più del 2010). Nonostante il miglioramento, la quota è ancora lontana
dall’obiettivo del 65%, fissato per il 2012 dalla direttiva comunitaria
2008/98/CE, raggiunto soltanto nel Nord (66,2%)
Peggiora invece la qualità dell’aria nelle città, si per le
polveri sottili Pm10 sia per il biossido di azoto. Le città più inquinate sono
quelle del Nord, dove due centraline su tre hanno superato i limiti per Pm10 e
una su quattro per No2.
Peggiorano anche gli indicatori di rischio idrogeologico: nel 2017
il 2,2% della popolazione è esposta al rischio di frane e il 10,4% al rischio
di alluvioni.
Stabili invece le emissioni responsabili dell’effetto serra,
stimate in 7,2 tonnellate pro capite come nell’anno precedente
Sul piano della sicurezza prosegue il calo degli omicidi (nel 2017
sono 0,6 per 100.000 abitanti) e migliora, seppure leggermente, anche la
percezione di sicurezza: le persone che si dichiarano molto o abbastanza sicure
di camminare al buio da sole nella zona in cui vivono sono il 60,6% nel 2016
(erano il 59,6% nel 2009).
Si conferma la necessità di una particolare attenzione nei
confronti delle violenze di genere: l’80,5 delle donne uccise è vittima di una
persona che conosce (nel 43,9% dei casi di una partner o un ex partner). Nel
2017, 49.152 donne si sono rivolte a un centro antiviolenza.
Segnali negativi sul fronte dei servizi dove il 7,6% delle
famiglie dichiara molta difficoltà a raggiungere tre o più servizi essenziali
nel 2015-2017. L’accesso ai servizi è
molto difficile per il 10,5% delle famiglie nel Mezzogiorno e solo per il 5,5%
di quelle nel Nord.
Meglio non va per i trasporti: nel 2017 la soddisfazione per i
servizi di mobilità segna una contrazione, con solo il 16,4% degli utenti
assidui dei mezzi pubblici che si dicono molto soddisfatti del servizio (17,8%
l’anno precedente). Particolarmente critica la situazione nel Lazio, dove solo
il 3,%% degli utenti abituali si dichiara molto soddisfatto.
In questo quadro la soddisfazione per la propria vita, espressa
dagli italiani, presenta un nuova flessione nel 2017. Sono meno soddisfatte le
donne (38,6% contro il 40,6% degli uomini) e gli anziani (33,9% delle persone
di 75 anni e più, 52,8% tra i 14 e i 19 anni).
Nonostante
tutto, però, migliorano le aspettative per il futuro: in lieve aumento la quota
di individui che ritiene che la propria situazione migliorerà nei prossimi 5
anni (27,2%), sostanzialmente stabile quella dei pessimisti (15%).
E
i giovani sono quelli che nutrono maggiori speranze per il futuro.