lunedì 29 gennaio 2024

Per l'Ocse necessario aumentare le imposte sui patrimoni

 

L’Ocse, un’organizzazione internazionale di studi economici, ha recentemente reso noto uno studio sull’economia italiana, nel quale si propone, tra l’altro, lo spostamento, fra le entrate pubbliche, dell’imposizione fiscale dal lavoro alla proprietà e ai consumi.

Per molti osservatori e per molti partiti politici, l’aumento, in Italia, dell’imposizione fiscale sui patrimoni, immobiliari e non, rappresenta un tabù.

Non la pensa così l’Ocse che nello studio citato rileva che lo spostamento dell’imposizione fiscale dal lavoro alla proprietà e ai consumi tutelerebbe il gettito fiscale del Paese e, al contempo, renderebbe il sistema più funzionale alla crescita.

Infatti in altri Paesi l’imposizione sui patrimoni è più elevata rispetto a quanto avviene in Italia.

Quindi, con una maggiore imposizione sugli immobili e sulle attività finanziarie, si potrebbero reperire risorse da destinare alla spesa pubblica in settori molto importanti, quali ad esempio la sanità e l’istruzione.

Inoltre, sempre secondo l’Ocse, al fine di ridurre il debito pubblico in maniera durevole, a partire dal 2025, la priorità assoluta per la politica fiscale italiana consisterebbe nell’assicurare il risanamento dei conti pubblici portando avanti tale attività per svariati anni.

E’ necessario, inoltre, contenere l’aumento della spesa salvaguardando al contempo gli investimenti pubblici al fine di ridurre al minimo gli effetti collaterali negativi sulla crescita.

E’ necessario, poi, riformare il sistema pensionistico, in particolare per ridurre la pressione sulla spesa derivante dalle pensioni elevate.

Per realizzare economie di spesa occorre rafforzare maggiormente l'efficienza amministrativa e, al contempo, attuare riforme volte a migliorare la qualità dei servizi pubblici incrementando il livello di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e dei sistemi di gestione degli appalti.

Le revisioni della spesa attualmente in corso dovrebbero essere più ambiziose, la cosiddetta “spending review”.

Al fine di favorire la crescita nel lungo periodo, occorre rilanciare un aumento della produttività, rimasta stagnante nell’ultimo decennio.

Le riforme in corso nel settore della giustizia civile e della Pubblica Amministrazione contribuiranno ad incrementare la produttività e gli investimenti delle imprese, nonché ad accelerare l’attuazione di piani di investimento pubblico assicurando una maggiore efficienza del sistema della giustizia.

Al fine di agevolare l'ingresso sul mercato da parte di nuove imprese e incrementare la concorrenza, è inoltre necessario ridurre le barriere normative che ostacolano la concorrenza nel settore dei servizi.

Un aumento dei livelli di occupazione è essenziale per favorire una crescita proficua per tutti in Italia.

Il tasso di occupazione nel Paese è tra i più bassi dell’Ocse, a causa dell’elevata disoccupazione giovanile e della scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Il potenziamento del comparto dell’istruzione tecnica e del sistema di formazione contribuirebbe ad agevolare un maggiore accesso delle persone vulnerabili e dei giovani al mercato del lavoro.

E’ necessario incrementare la presenza delle donne nel mercato del lavoro potenziando l’accesso all’istruzione pubblica per la prima infanzia.

Inoltre, sarebbe utile introdurre misure atte a incentivare maggiormente il congedo di paternità, anche attraverso l’introduzione di una “quota padre” nel diritto al congedo parentale per entrambi i genitori.

In virtù della bassa intensità energetica della sua economia e delle abbondanti risorse solari di cui dispone, l’Italia gode di condizioni idonee per realizzare la transizione climatica.

Tuttavia, il ritmo della riduzione delle emissioni inquinanti ha subìto un rallentamento nel corso dell’ultimo decennio.

Occorrono, pertanto, ulteriori sforzi programmatici volti ad accelerare la riduzione delle emissioni inquinanti e l’adattamento ai cambiamenti climatici: le accise applicate ai combustibili fossili dovrebbero essere aumentate, ove possibile, e maggiormente allineate al contenuto di emissioni effettivamente generate dai singoli combustibili fossili, come previsto dai recenti piani.

Al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi annuali in termini di installazione, occorre assicurare lo snellimento dei complessi iter autorizzativi che attualmente frenano l'installazione di capacità rinnovabile.

Si potrebbe, inoltre, procedere a una maggiore decarbonizzazione del settore dei trasporti investendo nella rete ferroviaria, riducendo il trattamento fiscale agevolato previsto per il gasolio rispetto alla benzina e promuovendo la diffusione dei veicoli elettrici, ad esempio aumentando il numero delle stazioni di ricarica attualmente disponibili.

Queste proposte dell’Ocse costituiscono, oggettivamente, un piano di politica economica che, personalmente, condivido in pieno.

L’attuale governo, invece, non ha un piano organico di politica economica e, comunque, propone, purtroppo, solo una parte degli interventi sollecitati dall’Ocse.

domenica 21 gennaio 2024

Poche famiglie hanno il 50% della ricchezza

Il 5% delle famiglie italiane dispone di circa il 46% della ricchezza netta totale. Questo è uno dei principali risultati dello studio della Banca d’Italia sui conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie.

Quindi è legittimo sostenere che la distribuzione della ricchezza in Italia è contraddistinta dalla presenza di notevolissime disuguaglianze.

Certo i principali indici di disuguaglianza sono rimasti stabili tra il 2017 e il 2022, dopo essere aumentati tra il 2010 e il 2016.

Ma è altrettanto certo che le disuguaglianze nella ricchezza sono molto rilevanti e che sarebbe opportuno ridurle.

Le famiglie meno abbienti possono contare quasi esclusivamente sul possesso dell’abitazione mentre quelle più benestanti hanno una ricchezza piuttosto diversificata, composta anche da azioni, depositi e polizze.

Metà della ricchezza degli italiani è rappresentata dalle abitazioni ma tale valore varia fortemente in base all’entità della ricchezza.

Infatti per le famiglie che hanno un valore della ricchezza inferiore a quello medio le abitazioni rappresentano i tre quarti del totale della ricchezza e per le famiglie appartenenti alla classe più ricca rappresentano solo un terzo del totale.

Per le famiglie più povere i depositi sono l’unica componente rilevante (il 17%) di ricchezza finanziaria.

Molto più diversificato è il portafoglio delle famiglie più ricche: quasi un terzo della ricchezza è rappresentato da capitale di rischio legato alla produzione (azioni, partecipazione ad esempio) e un quinto da fondi comuni di investimento e polizze assicurative.

E quindi è proprio la composizione della ricchezza degli italiani, nell’ambito della quale una parte molto consistente è rappresentata dalle abitazioni, a ostacolare un aumento dell’imposizione sugli immobili.

Comunque sarebbe necessario aumentare le imposte sui grandi patrimoni, non finanziari e finanziari, per reperire le risorse necessarie da utilizzare per aumentare la spesa pubblica in settori dove ciò sarebbe molto importante, come la sanità e l’istruzione.

domenica 14 gennaio 2024

Produzione giù occupazione su

Secondo alcuni dati recentemente forniti dall’Istat, la produzione industriale, in Italia, diminuisce mentre l’occupazione cresce. Tale andamento, almeno apparentemente, appare contradditorio. Infatti, generalmente, quando aumentano gli occupati aumenta anche la produzione.

Per  provare a spiegare l’andamento divergente delle due variabili considerate, è opportuno analizzare, brevemente, i dati.

Nel mese di novembre gli occupati sono aumentati, rispetto al mese precedente, di 30.000 unità, e, in un anno, di 520.000 unità, raggiungendo un numero pari a 23.743.000, un record nelle serie statistiche dell’Istat dal 2004, su livelli superiori a quelli pre-Covid.

E’ necessario aggiungere, però, che, nello scorso novembre si evidenziano due segnali delle conseguenze del rallentamento economico in atto e del clima di incertezza tra gli operatori.

Il primo è rappresentato dall’aumento degli occupati a tempo determinato (+15.000 rispetto al mese precedente) ed è la prima volta che accada da agosto.

Il secondo è rappresentato dall’aumento del numero degli inattivi, +48.000 rispetto al mese di ottobre, cioè di coloro che non hanno un lavoro ed hanno smesso di cercarlo, molti perché scoraggiati. Ed il numero degli inattivi non cresceva dal mese di agosto del 2022.

I due segnali appena rilevati potrebbero essere interpretati come le avvisaglie di un andamento non positivo anche del totale degli occupati, che potrebbe verificarsi nei prossimi mesi.

E l’andamento della produzione è probabile che tenda a ridursi anche nei prossimi mesi.

Comunque, la produzione industriale, per il secondo mese consecutivo, è diminuita, nel mese di novembre, dell’1,5% rispetto al mese precedente e del 3,1% rispetto a novembre 2022.

Quindi, è possibile che, nei prossimi mesi, sia l’occupazione che la produzione diminuiscano e, pertanto, l’andamento di queste due variabili sarebbe quello che normalmente si verifica.

Infine, il fatto che, per ora, l’andamento di occupazione e produzione abbiano un segno diverso non può essere valutato positivamente perché determina una riduzione della produttività.

E la riduzione della produttività non può che essere valutata negativamente anche perché tale variabile, in Italia, da tempo, assume un valore e un andamento non soddisfacente.