lunedì 11 dicembre 2023

Il divario tra Sud e Nord aumenterà

Nel 2023 il Pil del Mezzogiorno dovrebbe crescere dello 0,4%, mentre il Centro-Nord dovrebbe registrare una crescita doppia (+0,8%). E’ quanto emerge dal rapporto Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) per il 2023, nel quale si ricorda che  è prevista una crescita a livello nazionale pari allo 0,7%.

Quindi nel 2023, per quanto riguarda il Pil, dovrebbe aumentare il divario tra il Sud e il Centro-Nord.

Nel 2024, invece, la crescita del Pil nel Sud, per effetto degli investimenti del Pnrr, dovrebbe essere uguale a quella che si verificherà nel Centro-Nord.

Ma nel 2025 il divario dovrebbe di nuovo manifestarsi. Infatti si stima che la crescita nel Sud dovrebbe essere pari allo 0,9%, mentre nel Centro-Nord all’1,3%.

E il crescente divario tra il Sud e il Centro-Nord non riguarda solo l’andamento del Pil.

Nel 2022 l’aumento dell’inflazione ha eroso soprattutto il potere d’acquisto delle famiglie a più basso reddito e, poiché esse sono più concentrate nel Mezzogiorno, l'inflazione ha eroso 2,9 punti del reddito disponibile delle famiglie meridionali, oltre il doppio del dato relativo al Centro-Nord (-1,2 punti).

Inoltre il Sud ha continuato a perdere popolazione.

Dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro-Nord (81%).

Le migrazioni verso il Centro-Nord hanno interessato soprattutto i più giovani: tra il 2002 e il 2021 il Mezzogiorno ha subìto un deflusso netto di 808.000 under 35, di cui 263.000 laureati.

L'incremento dell'occupazione, maggiore nel Sud che nel resto del Paese, non è stato sufficiente ad alleviare il disagio sociale in un contesto di diffusa precarietà e bassi salari.

Infatti il rapporto Svimez 2023 indica in “salari, lavoro povero ed emigrazioni giovanili le questioni più urgenti”.

Nel Mezzogiorno, la povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata è salita di 1,7 punti percentuali tra il 2020 e il 2022, dal 7,6 fino al 9,3%: quasi una su 10. In generale nel 2022, erano 2,5 milioni le persone che vivevano in famiglie in povertà assoluta al Sud: 250.000 in più rispetto al 2020 (-170.000 al Centro-Nord). 

Il Sud, poi, è contraddistinto da gravi ritardi nell'offerta di servizi per la prima infanzia, evidenziati dai dati sui posti nido autorizzati per 100 bambini tra 0-2 anni nel 2020: Campania (6,5), Sicilia (8,2), Calabria (9) e Molise (9,3).

L'Italia, come è noto, presenta una delle percentuali più basse di popolazione laureata in Europa, con il 29% dei giovani tra 25 e 34 anni che hanno conseguito un titolo di istruzione terziario nel 2022, 16 punti percentuali al di sotto della media europea. Nel Mezzogiorno, questa percentuale si riduce al 22%. 

I dati fin qui riportati dimostrano con evidenza la necessità di realizzare interventi volti a ridurre considerevolmente il divario tra il Sud e il Centro-Nord e non saranno certo sufficienti quelli previsti dal Pnrr.

lunedì 4 dicembre 2023

La metà degli italiani non dichiara redditi

 

Il 47% degli italiani (compresi i bambini) non versa le imposte sui redditi delle persone fisiche. I contribuenti con redditi superiori a 35.000 euro sono il 13,9% del totale e versano il 62,5% di queste imposte. E’ quanto emerge da uno studio di “Itinerari previdenziali”, che si basa sulle dichiarazioni effettuate nel 2022, relative ai redditi prodotti nel 2021.

Il totale dei redditi prodotti nel 2021 e dichiarati nel 2022 ai fini Irpef è ammontato a 894,162 miliardi, per un gettito generato di 175,17 miliardi (157 per l’Irpef ordinaria, 12,83 per l’addizionale regionale e 5,35 per l’addizionale comunale), in crescita rispetto ai 164,36 miliardi dell’anno precedente.

Sono aumentati i dichiaranti (41.497.318) e i contribuenti/versanti, vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di Irpef, che sono saliti a quota 31.365.535, valore più alto registrato dal 2008.

Oltre il 40% dei dichiaranti ha dichiarato di percepire un reddito sulle persone fisiche inferiore a 15.000 euro.

I contribuenti che hanno dichiarano redditi da 0 fino a 7.500 euro lordi erano 8.832.792, quelli che hanno dichiarato redditi tra i 7.500 e i 15.000 euro lordi erano 7.819.493.

Nel complesso, i contribuenti delle prime due fasce di reddito, compresi i negativi, erano il 42,6% del totale e pagavano solo l’1,7% dell’Irpef complessiva.

Anche nel 2022 è rimasto forte il divario tra le regioni italiane per quanto riguarda il versamento dell’Irpef (sempre prodotta nel 2021 e dichiarata nel 2022).

Il Nord infatti ha contribuito per 100,6 miliardi, pari al 57,4% del totale, il Centro per 38,2 miliardi pari al 21,8% del totale, mentre il Sud per  36,3 miliardi, pari al 20,7% del gettito complessivo.

Una situazione di disequilibrio, che ha trovato conferma anche analizzando le singole regioni: con poco meno di 10 milioni di abitanti, la Lombardia ha versato 40,3 miliardi di Irpef, cioè un importo maggiore dell’intero Mezzogiorno, con circa il doppio della popolazione, e persino superiore a quello dell’intero Centro (11,8 milioni di abitanti).

“Non è accettabile - ha commentato Stefano Cuzzilla, presidente della Cida, confederazione dei dirigenti di azienda - che poco più del 13% della popolazione si faccia carico della quasi metà degli italiani che non dichiara redditi e trova benefici in un groviglio di agevolazioni e sostegni, spesso concessi senza verificarne l’effettivo bisogno.

Un 13% che guadagna da 35.000 euro lordi in su, e che per questo non può beneficiare del taglio al cuneo fiscale perché è considerato troppo ricco e non può difendersi dall’inflazione nemmeno quando arriva alla pensione, sempre perché è considerato troppo ricco”.