L’Italia si è
presentata alle porte di un’emergenza senza precedenti come quella causata dal
coronavirus con oltre 6,2 milioni di madri con un almeno un figlio minorenne. Molte
di loro sono costrette a rinunciare alla carriera professionale (tra i 25 e i
54 anni solo il al 57% delle madri risulta occupata rispetto all’89,3% dei
padri), non possono appoggiarsi ad una rete per la prima infanzia (solo il
24,7% dei bambini frequenta un servizio socio-educativo per la prima
infanzia) e spesso ammettono di aver modificato qualche aspetto della propria
attività lavorativa per cercare di conciliare lavoro e vita privata.
E’
questo il quadro preoccupante che emerge dall'analisi di Save the Children “Le
Equilibriste:la maternità in Italia 2020”, dal quale emerge chiaramente che la
condizione delle madri in Italia non riesce a superare alcuni gap, come quello
molto gravoso del carico di cura, che costringe molte di loro ad una scelta
netta tra attività lavorativa e vita familiare.
Una
situazione già critica che è ulteriormente peggiorata con l’emergenza Covid-19,
specie per le 3 milioni di lavoratrici con almeno un figlio piccolo (con meno
di 15 anni), circa il 30% delle occupate totali.
Le
mamme nell’ultimo periodo sono sempre più “equilibriste”: nonostante quasi la
metà di quelle intervistate (44,4%) stia proseguendo la propria attività
lavorativa in modalità agile, tra queste, solo il 25,3% ha a disposizione una
stanza separata dai figli e compagni/e/mariti dove poter lavorare, mentre quasi
la metà (42,8%) è costretta a condividere lo spazio di lavoro con i familiari.
In
questo periodo, per 3 mamme su 4 tra quelle intervistate (74,1%) il carico di
lavoro domestico è aumentato, sia per l’accudimento di figli/e, anziani/e in casa,
persone non autosufficienti, sia per le attività quotidiane di lavoro casalingo
(spesa, preparazione pasti, pulizie di casa, lavatrici, stirare).
All’interno
dei nuclei familiari, comunque, le mamme continuano ad avere netta la
sensazione che tutto “pesi sulle loro spalle”: solo per una mamma su cinque la
situazione di emergenza ha rappresentato un’occasione per riequilibrare la
ripartizione del lavoro di cura e domestico con le altre persone che vivono
insieme a lei (19,5%).
E’
ancora più precaria la situazione delle donne che vivono in condizioni di
vulnerabilità socio-economica.
In
un’altra recente indagine, emerge come il carico di cura nelle famiglie
vulnerabili sia sulle spalle delle donne, senza il supporto degli uomini:
sono praticamente da sole a occuparsi dei figli (51,7%), a pulire la casa e
lavare i vestiti (l’80,2%), a fare la spesa (50,3%), cucinare (70,5%).
“Con
l’avvio della fase tre, le più penalizzate rischiano di essere le madri
lavoratrici, circa il 6% della popolazione italiana.
Con
la mancata riapertura dei servizi per la primissima infanzia molte donne,
soprattutto quelle con retribuzioni più basse e impiegate in settori dove è
necessaria la presenza fisica, rischiano di dover decidere di non rientrare al
lavoro, aggravando la già difficile situazione dei livelli occupazionali
femminili italiani.
Per
quelle che invece potranno lavorare in smart working, è forte il rischio di un
carico eccessivo di lavoro e di cura” ha rilevato Antonella Inverno,
responsabile politiche per l’infanzia di Save the Children, che così ha proseguito
“Non è solo la chiusura dei servizi per la prima infanzia a preoccupare le
madri, ma anche la gestione della didattica a distanza, che soprattutto per le
scuole primarie, necessita di un continuo supporto da parte di un adulto a
casa, e soprattutto la gestione del carico emotivo dei figli, ancora oggi
dimenticati dalla politica nella fase della ripartenza.
E’
necessario adottare al più presto un piano straordinario per l’infanzia e
l’adolescenza, che metta al centro i diritti dei minorenni, perché le famiglie
non devono essere lasciate sole ad affrontare le sfide educative e sociali che
la crisi sanitaria ha imposto”.
Sul
fronte occupazionale, l’Italia rimane tra i paesi in Europa con il divario di
genere più consistente (18 punti di distanza tra donne e uomini rispetto alla
media europea di 10 punti a vantaggio maschile), divario che all’indomani
dell’emergenza Covid19, rischia di diventare incolmabile.
Nel
nostro Paese per la fascia di età 20-64 anni ad essere occupato nel 2018 era il
72,9% degli uomini a fronte del 53,1% delle donne. Inoltre persiste una
considerevole distanza che separa le donne 15-64enni occupate del Nord (59,7%)
dal quelle del Sud (32,8%).
Secondo
l’Istat in particolare le madri occupate sono il 69,4% al Nord, il 65,1% al
Centro e appena il 35,9% nel Mezzogiorno, poco più di una su tre.
Spesso
sono disoccupate o inattive, ma anche con tipi di contratti precari e a termine
ed è per questo che, ben il 46% di loro non può usufruire dei congedi
parentali, che il decreto Rilancio destina solo ai lavoratori dipendenti.