Nel mondo è aumentato considerevolmente, negli ultimi anni, il divario tra
ricchi e poveri. Le diseguaglianze economiche quindi si sono ampliate. Lo ha
recentemente sostenuto anche l’Ocse. In un rapporto dell’Oxfam, un’associazione
che contrasta la povertà, tale problematica viene analizzata approfonditamente.
Cosa si rileva, fra l’altro, in questo rapporto?
“Il divario tra ricchi e poveri sta raggiungendo valori estremi mai toccati
prima d’ora.
Credit Suisse ha recentemente reso noto che l’1% più ricco della
popolazione mondiale possiede attualmente più ricchezza del resto del mondo, e
ciò è accaduto con un anno di anticipo rispetto alle previsioni di Oxfam
pubblicate e ampiamente riprese dai media alla vigilia del forum economico
mondiale dell’anno scorso.
Al tempo stesso la ricchezza posseduta della metà più povera della
popolazione mondiale si è ridotta di 1.000 miliardi di dollari negli ultimi
cinque anni, a ulteriore riprova del fatto che viviamo in un mondo afflitto da
livelli di disuguaglianza mai visti da oltre un secolo…
Nel 2015 appena 62 persone possedevano la stessa ricchezza di 3,6 miliardi
di persone, ossia la metà più povera della popolazione mondiale. La ricchezza
delle 62 persone più ricche è aumentata del 44% dal 2010 ad oggi, con un incremento
pari a oltre 500 miliardi di dollari, arrivando a 1.760 miliardi di dollari.
Nello stesso periodo la ricchezza della metà più povera della popolazione
mondiale si è ridotta di poco più di 1.000 miliardi di dollari, - una
contrazione del 41%...
I fautori dello status quo sostengono che l’allarme disuguaglianza è
alimentato dalla ‘politica dell’invidia’ e citano spesso la riduzione del
numero di persone in estrema povertà quale prova del fatto che la
disuguaglianza non è un problema prioritario. Così facendo, però, gettano fumo
negli occhi.
Oxfam, la cui mission è proprio incentrata sulla lotta alla povertà,
riconosce in modo inequivocabile gli enormi progressi che dal 1990 al 2010
hanno contribuito a dimezzare il numero di persone al di sotto della soglia di
estrema povertà. Tuttavia, se nello stesso periodo non fosse peggiorata la
disuguaglianza all’interno dei Paesi, altri 200 milioni di persone si sarebbero
affrancati dalla povertà; e tale cifra sarebbe potuta salire a 700 milioni se i
poveri avessero beneficiato della crescita economica più dei ricchi…
Un complesso sistema di paradisi fiscali e un’industria di gestione
patrimoniale in ascesa permettono a queste risorse di rimanere intrappolate in
alto, fuori della portata della gente comune e senza ricaduta alcuna per le
casse pubbliche degli Stati. Secondo una recente stima 7.600 miliardi di
dollari di ricchezza individuale (più dei Pil di Regno Unito e Germania messi
insieme) sono attualmente custoditi offshore…
Uno dei fattori chiave che favorisce quest’enorme concentrazione di
ricchezza e reddito è il crescente divario tra la remunerazione del capitale e
i redditi da lavoro. In quasi tutti i Paesi ricchi, e nella maggior parte di
quelli in via di sviluppo, si è ridotta la quota di reddito nazionale
attribuita ai lavoratori, il che significa che questi ultimi beneficiano di una
parte sempre meno consistente dei proventi della crescita.
I possessori del capitale, al contrario, hanno beneficiato di un aumento
dei propri guadagni (riscossione di interessi, dividendi, profitti accumulati)
ad un tasso di crescita più veloce di quello dell’economia. Il ricorso a
pratiche diffuse di abuso fiscale da parte dei detentori del capitale e la
riduzione delle imposte sulle rendite da capitale hanno ulteriormente
contribuito a tali guadagni…
I cambiamenti economici e politici degli ultimi 30 anni (tra cui la
deregolamentazione, le privatizzazioni, il segreto bancario e la
globalizzazione, specialmente quella del settore finanziario) hanno
iperalimentato la secolare abilità dei ricchi e dei potenti nello sfruttare la
propria posizione per arricchirsi sempre più.
Ne consegue che molto spesso i guadagni di cui pochi beneficiano non sono
rappresentativi di un efficiente ed equo sistema di remunerazione. Un esempio
eloquente di sistema economico adulterato per servire gli interessi dei potenti
è rappresentato dalla rete globale dei paradisi fiscali associata all’industria
dell’elusione fiscale, che ha prosperato negli ultimi decenni.
Tale sistema ha ricevuto una vera e propria legittimazione intellettuale da
una visione del mondo improntata al fondamentalismo del mercato, secondo la
quale bassi livelli di imposizione fiscale a carico dei ricchi e delle imprese
sono necessari per stimolare la crescita economica e sono quindi vantaggiosi
per tutti noi…
A causa degli ammanchi dovuti a pratiche diffuse di abuso fiscale, i
governi si ritrovano con l’acqua alla gola: da qui la necessità di tagliare
servizi pubblici essenziali e il sempre più frequente ricorso alle imposte
indirette, come l’Iva, che gravano in misura sproporzionata sui soggetti meno
abbienti…
I meccanismi di elusione fiscale utilizzati a livello globale sottraggono
energia vitale al sistema dello stato sociale nei Paesi industrializzati e
privano i Paesi poveri delle risorse necessarie a combattere la povertà,
mandare i bambini a scuola e impedire che i propri cittadini muoiano per
malattie facilmente curabili.
Quasi un terzo (30%) del patrimonio degli africani ricchi, per un ammontare
complessivo di 500 miliardi di dollari, è custodito offshore nei paradisi
fiscali. Si stima che ciò costi ai Paesi africani 14 miliardi di dollari
all’anno sotto forma di mancato gettito fiscale, una cifra sufficiente a
coprire la spesa sanitaria che salverebbe la vita di 4 milioni di bambini e ad
assumere abbastanza insegnanti da mandare a scuola tutti i bambini del
continente…
Non si potrà mai sanare la crisi della disuguaglianza finché i leader
mondiali non metteranno fine una volta per tutte all’era dei paradisi fiscali…
Il settore finanziario è quello che ha registrato la crescita più rapida
negli ultimi decenni. Nel mondo, un miliardario su cinque deve la sua fortuna
proprio ad attività in ambito finanziario. E’ in questo settore che si registra
il divario più ampio tra salari e compensi e l’effettivo valore aggiunto per
l’economia…
Il settore bancario resta al centro del sistema dei paradisi fiscali: la
maggior parte delle ricchezze custodite offshore è gestita da appena 50 grandi
banche.
Nel settore dell’abbigliamento, poi, le imprese approfittano della propria
posizione dominante per continuare a imporre salari miseri. Tra il 2001 e il
2011 si è verificata una riduzione in termini reali delle retribuzioni
percepite dai lavoratori dell’industria dell’abbigliamento in quasi tutti i 15
Paesi maggiori esportatori al mondo in questo settore.
Nell’aprile del 2013 l’insostenibile situazione dei lavoratori nelle
fabbriche di vestiario in Bangladesh ha attirato l’attenzione del mondo intero
allorché 1.134 di essi sono morti nel crollo di una fabbrica all’interno del
Rana Plaza.
Tante vite vanno perdute perché le imprese tentano di massimizzare i
profitti trascurando le necessarie misure di sicurezza. Nonostante tutta
l’attenzione e la retorica che questa vicenda ha suscitato, le attività di
questo settore sono ancora dominate dagli interessi finanziari a breve termine
degli acquirenti, mentre si continuano a rilevare inadeguate normative e misure
antincendio e di sicurezza.
La disuguaglianza è ulteriormente aggravata dal fatto che alcune imprese
possono abusare di posizioni di monopolio e dei diritti di proprietà
intellettuale per influenzare e distorcere il mercato a proprio favore,
escludendo da esso i propri concorrenti e facendo lievitare i prezzi pagati
dalla gente comune.
Nel 2014 le società farmaceutiche hanno speso più di 228 milioni di dollari
per attività di lobbying a Washington. Quando la Thailandia decise di
introdurre una licenza obbligatoria per una serie di medicinali essenziali,
sulla base di clausole che consentono ai governi la possibilità di produrre
localmente le medicine ad un prezzo di gran lunga inferiore e senza il permesso
del titolare del brevetto internazionale, le industrie farmaceutiche fecero
pressione sul governo degli Stati Uniti riuscendo a far inserire la
Thailandia in una lista di Paesi assoggettabili a sanzioni commerciali…
La disuguaglianza non è inevitabile. L’attuale sistema non si è creato per
caso: è il risultato di scelte politiche deliberate, del fatto che i nostri
leader assecondano l’1% e i suoi sostenitori anziché agire nell’interesse
dell’intera collettività. E’ giunto il momento di dire basta a questo modello
economico malfunzionante. Nel mondo la ricchezza non scarseggia; non ha alcun
senso dal punto di vista economico, e tanto meno da quello morale, che così
pochi individui possiedano così tanto.
Per Oxfam l’umanità ha tutte le potenzialità per costruire un mondo
migliore. Abbiamo il talento, la tecnologia e una visione per farlo. Si può
edificare un’economia più umana in cui l’interesse della collettività e il bene
comune vengano prima di tutto. Un mondo che offra a tutti un lavoro dignitoso,
un mondo in cui uomini e donne siano uguali, dove i paradisi fiscali esistano
soltanto nei libri di storia e i ricchi paghino la loro equa parte contribuendo
così ad un sistema che operi realmente a beneficio di tutti.
Oxfam fa appello ai leader mondiali affinché si attivino per dimostrare che
stanno dalla parte della collettività e per imprimere una battuta d’arresto
alla crisi della disuguaglianza. Da salari dignitosi a una regolamentazione più
efficace delle attività nel settore finanziario, sono molte le azioni che i
decisori politici possono mettere in campo per porre fine all’economia dell’1%
e iniziare a costruire un sistema dal volto più umano che vada a vantaggio di
tutti…”.