mercoledì 21 dicembre 2022

Giulio Regeni e Patrick Zaki ormai dimenticati

 

E’ passata sotto silenzio la notizia dell’ennesimo rinvio dell’ inizio del processo, in Egitto, a carico di Patrick Zaki ed inoltre nessun passo in avanti è stato compiuto circa l’effettiva possibilità che si svolga un processo che veda coinvolti gli assassini di Giulio Regeni, già individuati ma di cui non si conoscono gli indirizzi ai quali inviare la comunicazione del loro essere indagati.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha recentemente incontrato il presidente dell’Egitto al Sisi. Non si conoscono i contenuti dell’incontro ma è probabile che non sia stato ottenuto niente relativamente alle vicende Regeni e Zaki.

Del resto l’Italia è di fatto sotto ricatto dell’Egitto che è uno dei Paesi che dovrebbe fornire un consistente aumento del gas per contribuire a controbilanciare la riduzione del gas concesso dalla Russia.

Ancora una volta, pecunia non olet.

In passato si era parlato della possibilità di introdurre nel nostro ordinamento una norma specifica sul caso Regeni che consentisse l’inizio del processo anche senza una comunicazione formale inviata agli indagati, essendo ormai universalmente noto chi sono gli indagati.

Ora non si parla più di questa possibilità.

Aggiungo che l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, in Italia, sulle vicende di Regeni e di Zaki sì è fortemente attenuata.

Anche per questo non mi sembra probabile che nel prossimo futuro si verifichino novità significative rappresentate da un lato dalla condanna degli assassini di Giulio Regeni e dall’altro dalla necessità che Zaki sia definitivamente prosciolto dalle accuse a lui rivolte.

Pertanto sarebbe opportuno che vi sia un cambiamento netto da parte delle autorità governative nell’atteggiamento, ormai remissivo, nei confronti delle vicende in questione, cambiamento che sembra improbabile poiché ormai si è giunti a una normalizzazione dei rapporti tra Italia e Egitto.

Per determinare il cambiamento auspicato sarebbe indispensabile una forte mobilitazione dell’opinione pubblica italiana che spinga il governo a mutare atteggiamento.

Anche in questo caso però non sembra probabile che tale mobilitazione si verifichi effettivamente.

domenica 18 dicembre 2022

In Ucraìna torturano anche i bambini

Nel corso della guerra di aggressione provocata dalla Russia di Putin sono stati colpiti molti civili e addirittura numerosi sono stati gli ucraìni torturati. Ma, incredibilmente, sono stati torturati anche i bambini.

Infatti le autorità ucraine hanno scoperto una camera che i russi usavano per detenere e torturare i bambini durante l'occupazione di Kherson.

Lo ha riferito Dmitry Lubinets, commissario per i diritti umani della Verkhovna Rada, il parlamento unicamerale ucraino, citato da Kyiv Independent.

“Abbiamo registrato la tortura dei bambini per la prima volta”, ha detto Lubinets. “Pensavo che il fondo non potesse essere rotto dopo Bucha, Irpin... ma abbiamo davvero toccato il fondo a Kherson”.

Secondo le testimonianze della gente del posto, altre vittime di torture nella struttura sapevano che i bambini ucraini erano stati tenuti lì dai servizi di sicurezza russi, che avevano chiamato la camera “la cella dei bambini”.

Ai bambini è stata data poca acqua e quasi niente cibo, ha detto Lubinets. Secondo le testimonianze della gente del posto, i bambini sono stati oggetto di abusi psicologici da parte dei loro carcerieri russi, che hanno detto loro che i loro genitori li avevano abbandonati e che non sarebbero più tornati a casa. Un ragazzo di 14 anni è stato arrestato e successivamente torturato solo per aver scattato una foto di attrezzature russe rotte, ha detto Lubinets.

Oltre a Kherson, i russi hanno allestito camere di tortura per i bambini anche nella regione di Kharkiv durante la loro occupazione.

Lo ha denunciato sempre  Dmitry Lubinets, citato da Ukrainska Pravda.

“Ho visto personalmente due camere di tortura a Balakleya”, nell'oblast di Kharkiv, “che erano una di fronte all'altra. Un ragazzo è stato lì per 90 giorni. Ha detto che è stato torturato: lo hanno tagliato con un coltello, hanno riscaldato il metallo e bruciato parte del suo corpo, lo hanno portato fuori più volte per essere colpito e sparato sopra la sua testa”, ha detto Lubinets.

La tortura dei bambini rappresenta l’ulteriore dimostrazione che Putin e il suo esercito si sono resi responsabili di veri e propri crimini di guerra.

E tali crimini, se non durante il conflitto anche dopo la sua fine, che auspico avvenga il prima possibile, devono essere perseguiti. I loro autori non devono restare impuniti.

Quanto avvenuto, inoltre, dimostra con evidenza chi sono gli aggressori e chi invece gli aggrediti. Lo ribadisco perché alcune persone o gruppi di persone, nei Paesi occidentali, non sembrano avere chiaro appunto chi sono gli aggressori.

E quanto avvenuto, poi, dimostra ancora quanto il popolo ucraìno debba essere sostenuto, anche con l’invio di armi.

Certo la pace è auspicabile che si verifichi quanto prima. Ma, finchè Putin non si convince ad interrompere l’invasione dell’Ucraìna, è velleitario ipotizzare che ci possa essere la pace.

E per convincere Putin, a questo punto, la resistenza ucraina, anche con l’invio delle armi da parte dei Paesi occidentali, deve essere sostenuta ed aiutata.

Non ci sono alternative.

mercoledì 14 dicembre 2022

Ucraìna, Putin come Stalin

Putin, nell’ambito della guerra di aggressione da lui promossa ai danni dell’Ucraìna, non si è limitato a provocare, tramite il suo esercito, moltissime morti di civili, ma colpendo le infrastrutture che producono energia, sta impedendo a una parte consistente di ucraìni di riscaldarsi, proprio ora che le temperature scendono anche di diversi gradi sotto zero.

Ancora, ad essere colpiti sono i civili.

Proprio per questa esplicita volontà di Putin di colpire i civili, causando molte vittime, diversi osservatori hanno paragonato Putin a Stalin.

Infatti Stalin provocò, dal 1932 al 1933, una carestia, in Ucraìna, che determinò diversi milioni di morti, carestia denominata holodomor.

Nella seconda metà degli anni ‘20 del del XX secolo, Stalin decise di avviare un processo di trasformazione radicale della struttura economica e sociale dello Stato sovietico, allo scopo di fondare un'economia e una società completamente regolate.

L'Ucraina, assieme ai territori meridionali russi sul mar Nero, dopo la la prima guerra mondiale, aveva confermato la sua vocazione agricola.

Secondo il progetto del governo, la ricchezza prodotta dall'agricoltura doveva essere interamente reinvestita nell'industria, il nuovo motore dell'economia pianificata.

Abbandonate totalmente le tesi di Bucharin, anzi entrato in contrasto con lui, a partire dal 1927 Stalin dispose che le terre venissero unificate in cooperative agricole (kolchoz) o in aziende di Stato (sovchoz), che avevano l'obbligo di consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo Stato. Affinché il processo si realizzasse compiutamente, le terre e tutta la produzione dovevano passare sotto il controllo dello Stato.

Ma l'Ucraina aveva una lunga tradizione di fattorie possedute individualmente. I piccoli imprenditori agricoli (kulaki) costituivano la componente più indipendente del tessuto sociale ed economico locale.

L'azione dello Stato ebbe così in Ucraina effetti particolarmente drammatici.

Sulla popolazione contadina ucraina si concentrò l'azione coercitiva dello Stato sovietico, che non rinunciò al sistematico ricorso alla violenza per attuare il suo piano di trasformazione della società.

La strategia fu attuata in due periodi successivi: dal 1929 al 1932 furono varate due misure, dette “collettivizzazione” e “dekulakizzazione”.

La prima comportava la fine della proprietà privata  della terra. Tutti gli agricoltori dovettero trovare un impiego nelle fattorie collettive create dal partito.

La “dekulakizzazione” consisteva nell'eliminazione fisica o nella deportazione (nelle regioni artiche) di milioni di contadini piccoli proprietari terrieri.

Queste misure estreme furono prese durante la “Seconda Rivoluzione” o "Rivoluzione di Stalin" fra il 1927-1928 e negli anni 1932-1933 furono attuate misure governative tali da mettere in ginocchio la popolazione sopravvissuta, e per la prima volta nelle campagne ucraine il tasso di mortalità divenne superiore a quello di natalità.

Con queste misure il governo di Mosca aggravò la carestia (per altro prevedibile) che nello stesso periodo colpì i territori interessati.

In pochi mesi, la campagna ucraina, una regione storicamente molto fertile, si trasformò in uno scenario nel quale imperversava appunto una terribile carestia.

La penuria alimentare colpì soprattutto la popolazione che viveva nelle campagne.

La carestia è costata milioni di vite, soprattutto perchè il sistema delle fattorie collettive doveva restare.

Il Congresso degli Stati Uniti ha sostenuto che la carestia 1932-1933 fu un deliberato atto politico.

Il polacco Raphael Lemkin  utilizzò il termine genocidio, da lui inventato, per descrivere la carestia, sostenendo che il governo sovietico l'avrebbe provocata volontariamente per sterminare i contadini ucraini e così distruggere la nazione e la cultura ucraina, portando a compimento, a suo dire, il piano di russificazione del Paese da parte del partito comunista sovietico

Il congresso canadese-ucraino del 2005 riconobbe l'Holodomor come genocidio di oltre 7 milioni di persone.

L'Unione sovietica ha taciuto a lungo sugli effetti della carestia, cominciando a parlarne solo negli anni '80 durante la perestrojka.

Le ricerche accademiche stimano le vittime in Ucraina tra gli 1,5 milioni di Wheatcroft, secondo cui non vi fu pianificazione, e i 5 milioni] di Conquest, che ritenne la carestia una conseguenza delle politiche e delle misure adottate da Stalin, che avrebbe potuto essere evitata se lo stesso non avesse posto avanti gli “interessi sovietici”.

Il ministro degli esteri ucraino dichiarò alla 61ª assemblea delle Nazioni Unite che le vittime furono tra i 7 ed i 10 milioni.

Comunque anche se non è certo il numero preciso delle vittime, esse furono senza dubbio milioni e sono altrettanto indubitabili le responsabilità di Stalin.

domenica 11 dicembre 2022

A Baidoa in Somalia morti per fame molti bambini

In un singolo cimitero di Baidoa, città meridionale della Somalia, sono già stati seppelliti i corpi di 230 bambini uccisi dalla malnutrizione che sta salendo a livelli mai visti dall'ultima carestia dichiarata nel Paese 11 anni fa. Famiglie esauste - molte delle quali hanno camminato per giorni dai villaggi colpiti dalla siccità per cercare aiuto nella città - vi stanno seppellendo i propri bambini ogni giorno. Ogni piccola tomba è segnata da rocce e cespugli spinosi su cui le famiglie piangono e pregano.

A Baidoa il numero di bambini trattati per la peggiore forma di malnutrizione è aumentato di oltre cinque volte tra gennaio e ottobre, secondo i dati raccolti dalle organizzazioni umanitarie, tra cui Save the Children. 

Ed è proprio Save the Children, in un comunicato a riferire quanto è avvenuto e quanto sta avvenendo in quella città della Somalia.

“I dati preliminari di un'indagine condotta dagli operatori sanitari della comunità su 90.000 bambini della città indicano che i tassi di malnutrizione acuta sono pari a quelli del 2011. Circa 260.000 persone sono morte durante la carestia del 2011-12, metà delle quali prima ancora che fosse dichiarata. Circa il 50% delle vittime erano bambini di età inferiore ai cinque anni.

Anche se non c’è ancora stata una dichiarazione ufficiale di carestia, chi scava le fosse per seppellire le vittime sta lavorando sotto il sole cocente con temperature di 35 gradi, sebbene questa dovrebbe essere la stagione delle piogge mentre è caduto meno del 60% della pioggia attesa, un segnale di allarme che preannuncia la quinta stagione mancata consecutiva.

Più di 600.000 persone costrette a lasciare le loro case dalla crisi climatica si sono accampate in 500 campi intorno alla città alla disperata ricerca di acqua e cibo, dopo che i loro pozzi si sono prosciugati, sono mancati i raccolti e il bestiame è morto. Molti sono arrivati troppo tardi per poter ricevere le cure salvavita per i loro bambini malati…

Migliaia di donne si stanno riversando negli accampamenti di fortuna di Baidoa dove montano strutture di bastoni e le coprono con indumenti e tessuti dai colori vivaci per proteggere le loro famiglie dalle intemperie. Alcune si sono fatte strada attraverso i combattimenti mentre le forze governative cercano di respingere Al-Shabaab, un gruppo armato che controlla ampie zone della campagna…

Il centro di stabilizzazione di Save the Children a Baidoa è un’opportunità di salvezza per i bambini più gravemente malnutriti che vi accedono. Oltre il 90% dei bambini ricoverati recupera abbastanza da essere dimesso entro 14 giorni. Molti vengono sottoposti a flebo per idratarli e ricevono latte arricchito di vitamine e una pasta di arachidi ricca di proteine. Alcuni vengono trattati per la polmonite con semplici antibiotici. Il sollievo sui volti delle madri è evidente.

“Abbiamo perso sette bambini il mese scorso. Non è normale. Sono impegnato 24 ore al giorno per la mia gente e la mia città”, ha raccontato il dottor Mohamed Orman Wehliye, mentre con 12 infermieri si stava occupando di 70 bambini sotto i cinque anni, parlando con grande passione del loro lavoro….

Claire Sanford, vicedirettore umanitario di Save the Children in Inghilterra, ha sottolineato che i bambini stanno morendo di fame indipendentemente dal fatto che la soglia tecnica ufficiale della carestia non sia stata raggiunta.

‘I nostri centri sono invasi da madri che fanno tutto il possibile per evitare che i loro figli diventino un altro tumulo in un cimitero. C'è un disperato bisogno di più denaro per aiutarle a salvarli’, ha affermato Sandford.

Gli ultimi dati delle Nazioni Unite mostrano che la metà dei 15 milioni di abitanti della Somalia sta affrontando una grave carenza di cibo e si prevede che più di 300.000 persone si troveranno in condizioni di carestia entro dicembre di quest'anno.

Il numero di persone colpite dalla grave siccità è salito a 7,8 milioni nell'agosto di quest'anno, rispetto ai 3,2 milioni dello scorso dicembre”.