La Corte Costituzionale ha stabilito l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo, una pena senza fine prevista nell’ordinamento penitenziario italiano che “osta” a qualsiasi sua modificazione e che non può essere né abbreviata né convertita in pene alternative, a meno che la persona detenuta decida di collaborare con la giustizia. Tale decisione della Corte Costituzionale è stata oggetto di critiche ma anche di consensi.
Tra quanti hanno espresso apprezzamento nei confronti di quanto stabilito dalla Corte Costizionale occorre rilevare quanto sostenuto dall’associazione Antigone, che si occupa di tutelare i diritti delle persone che si trovano in carcere, in uno specifico comunicato.
“Anche la Corte Costituzionale si pronuncia contro l'ergastolo ostativo. Il giudizio arriva a due settimane di distanza dalla sentenza della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che aveva definito inumana e degradante una pena che non prevedesse una possibilità di rilascio.
I giudici della Consulta hanno ribadito questo principio, sostenendo l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1 dell’ordinamento penitenziario, laddove preveda la concessione di permessi premio solo in caso di collaborazione con la giustizia, escludendo di fatto altri elementi quali la reale partecipazione ancora in essere con l’associazione criminale e il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, ciò quando il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.
‘E' una sentenza di straordinario valore questa della Corte Costituzionale. I giudici pongono un limite al potere di punire e ribadiscono un principio fondamentale della nostra carta costituzionale: sempre e comunque la pena deve tendere alla rieducazione del condannato’.
A sottolinearlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
‘In attesa di leggere nel dettaglio le motivazioni della sentenza, la Corte ribadisce anche l'importanza del ruolo delle istituzioni penitenziarie e della magistratura di sorveglianza.
Nessun mafioso infatti uscirà - ha rilevato ancora Gonnella.
Con questa decisione, così come con quella della Cedu, si restituisce alla magistratura il potere di decidere, caso per caso, se per un detenuto condannato per reati di mafia sussista ancora il criterio di pericolosità sociale e quindi se possa essere idoneo o meno ad usufruire di permessi premio’.
Per assumere questa decisione la magistratura di sorveglianza - come si legge
nel comunicato della Corte Costituzionale - dovrà basarsi sulle relazioni del
carcere, nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura
antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la
sicurezza pubblica.
‘Ci auguriamo che questa doppia decisione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e della Corte Costituzionale venga recepita dai decisori politici in nome del principio di legalità costituzionale’, ha concluso Patrizio Gonnella”.
Io concordo pienamente con quanto deciso dalla Corte Costituzionale e con le considerazioni del presidente dell’associazione Antigone.
Nutro forti dubbi, però, che il Parlamento recepisca la decisione della Corte Costituzionale.
In diversi altri casi ciò non è avvenuto, anche su temi notevolmente diversi, ad esempio sulla legalità dell’eutanasia.
E i miei dubbi derivano anche dalle posizioni espresse da parte della magistratura, che influenzeranno, in questo caso negativamente, quanto meno molti parlamentari.
E’ bene ricordare, infine, che l’ergastolo ostativo fu introdotto nell’ordinamento penitenziario italiano all’inizio degli anni Novanta, dopo le stragi nelle quali furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ed è regolato dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario e stabilisce che le persone condannate per alcuni reati di particolare gravità, come mafia o terrorismo, non possano essere ammesse ai cosiddetti “benefici penitenziari” né alle misure alternative alla detenzione.
Per queste persone è escluso l’accesso alla liberazione condizionale, al lavoro all’esterno, ai permessi-premio e alla semilibertà. La pena dell’ergastolo ostativo coincide dunque, per la sua durata, con l’intera vita del condannato: è quella per cui si usa spesso l’espressione “fine pena mai”.