Energia e rifiuti,
in questi settori, nel 2016, si sono verificate gran parte delle contestazioni
secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum,
l’unico database nazionale che dal 2004 monitora in maniera puntuale la
situazione delle opposizioni contro opere di pubblica utilità e insediamenti
industriali in costruzione o ancora in progetto.
E’ stata presentata,
infatti, la nuova edizione dell’Osservatorio che esamina lo stato dell’arte
della sindrome Nimby in Italia nel 2016 e conferma come il comparto energetico
(56,7%) e quello dei rifiuti (37,4%) si contendano il podio dei No.
Più in generale, nel
2016, la ricerca arriva a contare 359 impianti contestati: in aumento del 5%
rispetto all’anno precedente, questo dato mette l’accento sulla situazione
strutturale di un Paese bloccato, in cui le opposizioni di comitati, partiti ed
enti pubblici fanno da eco puntuale ad ogni iniziativa di sviluppo industriale.
Cresce anche il numero
delle opere che, per la prima volta, vengono intercettate dal monitoraggio: il
2016 lascia in dote al database Nimby ben 119 new entries (+7,2% sul 2015).
La partecipazione
attiva ai processi decisionali è diventata, per i cittadini, un’esigenza
imperativa: le comunità si aspettano di essere interpellate, consultate,
coinvolte. Non a caso, l’assenza di coinvolgimento ricorre al secondo posto,
dopo le preoccupazioni per l’ambiente, come causa alla base delle
contestazioni, con un trend di incremento progressivo ma costante: 14,6% nel
2014, 18,6% nel 2015, 21,3% nel 2016.
Quindi anche nel 2016,
la politica industriale italiana sembra incepparsi in maniera prevalente
attorno ai nodi dell’energia e dei rifiuti: rispettivamente al primo e al
secondo posto, si contendono il podio dei comparti più contestati.
Il settore energetico
vede le opposizioni orientarsi in maniera preponderante verso gli impianti da
fonti rinnovabili (75,4%). Le tipologie di impianto più avversate sono, in
particolare, la centrale a biomasse (43 impianti), la struttura di compostaggio
(20) e il parco eolico (13).
Meno ricorrenti in
termini assoluti rispetto alle fonti rinnovabili, le fonti di energia
convenzionale si aggiudicano il primato relativo alla tipologia specifica di
impianto più contestata. Si tratta degli impianti di ricerca ed estrazione di
idrocarburi, che da soli assommano a 81 opere censite.
Le politiche europee
in materia di rifiuti ed economia circolare sembrano, dal 2015, corrispondere
al “revamping” della sindrome Nimby in questo settore: l’auspicata transizione
alla green economy sta, infatti, concentrando un numero crescente di
investimenti nella filiera del recupero dei rifiuti, moltiplicando iniziative
progettuali inevitabilmente contestate. Termovalorizzatori (37), discariche per
rifiuti urbani (30) e discariche per rifiuti speciali (18) ricorrono tra i
primi posti in questo comparto.
Il monitoraggio della
stampa nel 2016 conferma il ruolo di assoluta centralità della politica, che -
tra enti pubblici e partiti politici - trascina le contestazioni nel 50% dei
casi censiti.
Seguono le
organizzazioni e i comitati dei cittadini, che pesano per un terzo sull’insieme
dei soggetti promotori del No.
Un peso corrispondente
alla quantità abnorme di ricorsi alla giustizia amministrativa, che sempre più
spesso è chiamata a dirimere richieste di interruzione/revoca di iter già
avviati o conclusi.
Ulteriore conseguenza
del ruolo del soggetto “popolare” è il ranking delle ragioni di protesta: al
primo posto figura l’impatto con l’ambiente, che si attesta al 30,1%, in
leggera flessione rispetto al 2015 (32,8%). Segue il già citato scontento
causato dalle carenze procedurali e dal mancato coinvolgimento nell’iter
autorizzativo.
La mappa del contagio
Nimby evidenzia la trasversalità delle opposizioni anche dal punto di vista
geografico.
Seguendo
pedissequamente la distribuzione dei progetti di sviluppo industriale, il No
ricorre con maggiore capillarità nel Nord Italia (41%): Lombardia ed Emilia
Romagna mantengono i primi posti, con rispettivamente 56 e 48 impianti
contestati.
Non mancano tuttavia,
le opposizioni nelle regioni del Centro e del Sud Italia. Con 32 impianti
contestati (erano 6 nel 2014), la Basilicata rappresenta ormai un territorio di
grande frizione tra imprese, politica e cittadini, tanto da surclassare regioni
come Lazio (30), Veneto ( 28) e Sicilia (26), assai più visibili nei confronti
dei media e dell’opinione pubblica nazionale.
Rispetto al 2015,
passa dal 15% al 20% il numero dei soggetti che si esprime a favore degli impianti.
Voci che, pur flebilmente, si spendono per affermare come grandi opere e
infrastrutture possano essere occasioni di rilancio economico, di miglioramento
dei servizi e incremento dell’occupazione.
In ogni caso, le
iniziative di comunicazione rimangono prerogativa degli oppositori (80%), i
quali fanno leva in maniera meno frequente ai media tradizionali (25,7% nel
2016 e 29,9% nel 2105).
La bilancia della
comunicazione Nimby inizia così a pendere anche in favore dei social media, che
passano dal 16,8% del 2015 al 22,9% del 2016 nella ricorrenza d’uso da parte
dei contestatori.
Nell’epoca delle post
verità e delle fake news, compaiono a livello territoriale veri e propri
“influencer del No”, che hanno spesso facile gioco nel confondere le carte
dell’informazione e ostacolare la possibilità degli individui di formarsi una
opinione laica sui fatti.
Si può concludere
esaminando gli obiettivi del Nimby Forum, un vero e proprio “think tank”, così
come sono esposti nel sito web dei promotori di questa iniziativa.
“Nel nostro Paese lo
sviluppo infrastrutturale incontra continui ostacoli e ritardi, con conseguenti
perdite economiche, tensioni sociali e incertezze.
Nimby Forum si pone
l’obiettivo di sensibilizzare i diversi stakeholder verso un percorso che
concili progresso e tutela del territorio, interessi pubblici e privati,
impresa e governo, sviluppo e sostenibilità.
La progettazione di
una grande opera civile di pubblica utilità o la realizzazione di un impianto
industriale per la produzione di energia o per il trattamento dei rifiuti
determina spesso opposizioni da parte del territorio.
Si tratta di una vera
e propria sindrome, nota come Nimby (not in my back yard = non nel mio
cortile), oggi sempre più diffusa nei vari strati della popolazione
nazionale”.