domenica 26 novembre 2017

Le mafie e l'economia italiana


Nel 2015 il Pil (prodotto interno lordo) in Italia è cresciuto anche in seguito ad un lieve aumento dell’economia illegale. Lo certifica un rapporto dell’Istat. Ed è più che probabile che la stessa situazione si sia verificata negli anni successivi. E’ certo comunque che l’economia illegale svolga un ruolo piuttosto importante, nell’ambito del sistema economico italiano.

Di questo rapporto si occupa, in un articolo pubblicato su www.lavoce.info, Eleonora Montani.
Così scrive Eleonora Montani:

 “L’11 ottobre è stato reso noto il report dell’Istat sui dati dell’‘economia non osservata’ nei conti nazionali negli anni 2012-2015. Il report, che stima il prodotto dell’economia sommersa e delle attività illegali, enfatizza il ‘lieve aumento dell’economia illegale nel 2015’.

Una buona notizia: il Pil sale e con lui il benessere di tutti noi. Ma come la mettiamo con l’indubbio disvalore delle attività che contribuiscono al segno positivo nel segmento di attività illegale?...”

“Sono tre le attività illecite che contribuiscono alla formazione del prodotto interno lordo: il traffico di sostanze stupefacenti, i servizi della prostituzione e il contrabbando di tabacco.

Nel corso degli anni, nonostante un calo dell’economia non osservata attribuibile a una diminuzione della cifra del sommerso, la stima delle attività illegali si è mantenuta costante quando non è aumentata.

In base all’ultimo dato reso noto dall’Istat, si stima che le attività illegali abbiano generato un valore aggiunto pari a 15,8 miliardi di euro, 0,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente…”.

“Al di là di ogni considerazione di ordine economico sulla necessità di utilizzare un sistema omogeneo tra i Paesi dell’Unione europea e di comprendere nelle stime dei conti nazionali tutte le attività che producono reddito, appare evidente la profonda contraddizione insita in questa scelta.
Se da un punto di vista economico si può ritenere neutro lo status giuridico del reddito, in uno stato di diritto la criminalità dovrebbe essere sempre combattuta.

Tanto più in Italia, dove la stretta relazione tra mafia ed economia non è certo una novità.

Già Giovanni Falcone sosteneva che per colpire la mafia occorre colpire i suoi interessi economici e ne metteva in evidenza la centralità per le organizzazioni criminali.

Le indagini più recenti hanno poi rivelato una intensa crescita dei legami tra economia lecita ed economia illecita. Di più, le ricostruzioni delle attività della realtà criminale hanno messo in luce come il traffico di sostanze stupefacenti possa essere considerata la principale fonte di reddito delle organizzazioni criminali.

Anche sotto questo punto di vista, appare allora lecito interrogarsi sull’opportunità della scelta di ricomprendere nel Pil voci riconducibili alle attività delle organizzazioni mafiose, come se lo stato riconoscesse e si avvalesse dei benefici prodotti dall’antistato”.

Gli interrogativi che si pone Eleonora Montani sono legittimi.

Io credo però che riconoscere, anche statisticamente, che l’economia criminale, le mafie, occupino una posizione di tutto rilievo nell’ambito del sistema economico italiano non si possa evitare, anche perché fornire dati il più possibile attendibili sull’importanza dal punto di vista economico delle attività illegali può rappresentare un’ulteriore dimostrazione della necessità di contrastarle. 

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